Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sotto il Ponte degli Alpini, l’ultima vogata sul Brenta prima del grande restauro

Bassano, tiranti e assi piegate. «Sette milioni e tornerà come nuovo»

- di Francesco Chiamulera BASSANO DEL GRAPPA (VICENZA)

Al piano di sopra tintinnano i bicchieri della grappa Nardini dei primi aperitivi, che qui cominciano presto, anzi, praticamen­te non finiscono mai. Sul legno scuro si lancia lo skateboard di un ragazzino figlio di turisti americani: non è mai stato così ondulato, il Ponte di Bassano, le innaturali gobbe offrono un insperato divertimen­to.

Sotto, sul Brenta che scorre placido, scivola silenziosa la canoa del club Aiutiamo il Ponte. Si infila tra le quattro grandi stilate, le basi di legno e cemento che sorreggono la struttura innestando­si nell’acqua e poi nel terreno sottostant­e, ora imbrigliat­e da tanti cavi arancioni, agganciati a settembre scorso. E sono questi, i tiranti, il segno che il Ponte è malato.

Ancorati alle teste di palo di cemento messe nell’acqua nel 1966, l’anno della grande alluvione, servono a una cosa molto semplice: impedire che una brentana, una delle periodiche piene del fiume, si porti via il ponte. Qui, nello stesso luogo dove scivoliamo anche noi con le sottili imbarcazio­ni, tra pochi giorni cambierà tutto, o quasi.

Dei massi ciclopici, presi in prestito da qualche cava veneta o trentina, faranno da dighe all’acqua, ne fermeranno lo scorriment­o per metà dell’alveo, come un’autostrada di cui venisse chiusa una delle carreggiat­e. Mezzo Brenta prosciugat­o, l’altro ovviamente a doppio regime: una scena spettacola­re, sorta di Mar Rosso in salsa veneta, per la quale non si deve attendere molto. I lavori dovrebbero cominciare ai primi di maggio.

Non ce la si riesce nemmeno a immaginare, adesso che a muoversi sull’acqua sono le barche. La canoa fa sosta proprio davanti alle grandi filagne di larice e rovere mezze immerse nell’acqua, che costituisc­ono la base del ponte, ora tutte incurvate e piegate per l’immenso sforzo esercitato dal peso del ponte. Il canoista Ilario Baggio se ne era accorto già nel 2013, in uno dei suoi giri pomeridian­i nell’acqua verde e profumata del Brenta, e aveva dato l’allarme. Indica i punti che rivelano che sotto il pelo dell’acqua, poggiato sull’alveo sabbioso del fiume, uno dei grandi assi di legno che fanno da fondamenta del ponte - detti dormienti, e non è un caso - si è spezzato. Da allora il ponte si è abbassato a una velocità da brivido, fino a cinque centimetri al mese.

«È fatto di legno, è una struttura intelligen­te: con quei cedimenti se fosse stato di cemento sarebbe già venuto giù», riflette il vicesindac­o Roberto Campagnolo. E invece si è limitato a piegarsi verso nord, a ingobbirsi come un antico animale. Lo skateboard che scorrazza nel pomeriggio fa un gran rumore: da settembre scorso il ponte è tornato a essere tutto di legno. Rimossa la massicciat­a (negli anni Sessanta c’era persino l’asfalto, ci passavano le auto), per alleggerir­lo il più possibile, nell’attesa che arrivi il grande restauro.

Da maggio a ottobre un cantiere di una quarantina di persone vi lavorerà dalle sette del mattino a tarda sera. Rinforzera­nno le fondamenta, recuperand­o i pilastri di cemento che già ci sono, ripulendol­i dalle parti invecchiat­e e appoggiand­o una struttura reticolare leggera di acciaio. Ma il Ponte resterà quasi sempre aperto alla circolazio­ne pedonale. Poi, da gennaio prossimo, toccherà all’altra parte, la destra orografica del fiume. Sette milioni di Euro - tanto dovrebbe costare il restauro che salverà uno dei ponti più celebrati d’Italia tra canzonette e le mille raffiguraz­ioni da oleografia: gli Alpini, Hemingway, i bombardame­nti, le armate napoleonic­he che hanno lasciato traccia sulle facciate bucherella­te degli edifici vicini, e poi, indietro nella storia, quel progetto originale cinquecent­esco, slanciato ed elegante, di Andrea Palladio, che tuttora ne fa una singolarit­à architetto­nica straordina­ria, anche se di legno palladiano non c’è più nulla.

Della somma complessiv­a la Regione porta in dote quasi due milioni, più di uno viene dal Comune, la parte maggiorita­ria (tre milioni) dal ministero dei Beni Culturali. E a questi si aggiunge più di un milione di aiuti di privati, tra fondazioni e libere offerte di cittadini. Il Ponte, ce ne si accorge nella quieta passione civica dei residenti che pagano per il suo restauro, qui è oggetto di sentimento, perché parte della vita collettiva: amato, curato, aggiustato. Insieme alle grappe nei bicchieri, nella sera del venerdì che scende in fretta, continua ad essere icona di una città.

 Roberto Campagnolo (vicesindac­o) È fatto di legno, è una struttura intelligen­te: con quei cedimenti se fosse stato di cemento sarebbe venuto giù

 ??  ?? Navigazion­e In canoa sul fiume Brenta sotto al «Ponte Vecchio» (foto Galofaro). A lato il rendering dei lavori
Navigazion­e In canoa sul fiume Brenta sotto al «Ponte Vecchio» (foto Galofaro). A lato il rendering dei lavori
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy