Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
GIUSTIZIA «SEDUTA» SU 50 EURO
Una sentenza della Corte di Cassazione civile del mese scorso relativa ad un episodio avvenuto in Veneto, induce ad una meditazione che va al di là dello specifico caso. La vicenda è così riassunta: un Tizio era seduto sui gradini di piazzetta dei Leonini di Venezia e i vigili, ai sensi dell’articolo 23 del regolamento di Polizia urbana, l’hanno invitato ad alzarsi e sentendosi opporre un rifiuto gli hanno contestato la violazione amministrativa, 50 euro di sanzione. Il Tizio è ricorso al Giudice di Pace, il quale ha ridotto la sanzione a 25 euro. La sentenza è stata appellata sia dall’«uomo seduto» che dal Comune, il quale ha ottenuto ragione dal Tribunale (sanzione a 50 euro). Il sanzionato ha addirittura presentato ricorso per Cassazione, articolato in una serie di «puntigliosi» motivi, il più interessante dei quali era relativo al fatto che il Comune non aveva posto in essere la diffusione della notizia del divieto, anche a mezzo di giornali conoscibili fuori dalla città, oppure con l’apposizione di cartelli indicanti il «divieto di seduta». La Cassazione ha affermato il principio di diritto, secondo cui «Non era necessaria una specifica procedura di pubblicità del provvedimento che riguarda il regolamento di Polizia urbana, ben diverso dal codice della strada, con conseguente inapplicabilità dei principi elaborati per quest’ultimo e comunque non richiedendo la norma per la sua applicazione l’uso di una speciale cartellonistica».
La sentenza poi ha concluso affermando che una volta edotto verbalmente del divieto esistente con invito ad allontanarsi, ciò era sufficiente per ritenere integrata la violazione. A Venezia, quindi, se si è stanchi, eventualmente a seguito di tour turistici tra calli e ponti, bisogna stare attenti come e dove ci si siede per riposarsi. Nella stessa giornata in cui è stata depositata la sentenza sull’«uomo seduto», la Commissione Jurova della Comunità dell’Unione Europea, ha pubblicato l’annuale «quadro di valutazione Ue sulla giustizia», secondo il quale il nostro sistema è «pessimo» (peggio solo Grecia e Malta) e farraginoso. Vien però da chiedersi di chi sia la colpa e se non sia necessaria una qualche radicale riforma che modifichi il nostro sistema contenzioso, evitando «intasamenti della giustizia» come quello derivante dal succitato caso (e ve ne sono numerosissimi altri sparsi per l’Italia). E’ mai possibile, nel terzo millennio, che una vertenza del valore da 25 a 50 euro possa essere trascinata per tre gradi di giudizio per un banalissimo fatto accaduto nel 2007, con epilogo giudiziario in una pronuncia di Supremi Giudici italiani, emessa nell’aprile 2016?