Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Capannoni requisiti Imprese in rivolta
La categorie: salviamo le banche senza piegare le imprese
«Crisalidi vuote di un modello di sviluppo che non esiste più». La definizione più azzeccata dei celebri «capannoni del Nordest» porta la firma di Romolo Bugaro, scrittore e avvocato. Il giorno è quello giusto, quello in cui il cosiddetto «Decreto salva banche» provoca una compatta levata di scudi da parte delle associazioni di categoria di artigiani e industriali.
Casus belli è quell’articolo in cui si prefigura la possibilità per la banca di prendersi l’immobile e/o l’eventuale seconda casa dell’imprenditore dopo sei mesi dal mancato pagamento di tre rate di finanziamento, anche non consecutive. L’obiettivo dichiarato è l’accelerazione nel recupero dei crediti e secondo il Tesoro, il complesso delle norme dovrebbe accorciare quei tempi fino a 3 anni. Apriti cielo. «Premesso che un sistema bancario forte fa bene a tutti – considera Alberto Baban, presidente della Piccola Industria di Confindustria nazionale – va detto che si tratta di un problema di società economica, nel suo complesso. In attesa di capire sul piano attuativo come si procederà, è importante che ci sia una grossa differenziazione fra morosità per inadempienza tout court e situazioni imprenditoriali che necessitano di una valutazione più accurata. Tradotto, l’impresa non può essere messa a repentaglio soprattutto se si trova in fase critica. Vorrei capire se la logica è sgonfiare il problema degli «Npl» (non performing loans, ossia i crediti deteriorati ndr) o se si tratti di un’accelerazione eccessiva».
Secondo Baban il problema c’è «ma non è solo delle banche e addossare tutte le colpe alle imprese mi pare troppo semplicistico». Tutti d’accordo che le regole del gioco vadano riscritte «ma se significa sfrattare aziende in cui lavorano centinaia di persone e in cui c’è ancora margine non ci sto. Certo, ci sono casi in cui domina la speculazione ma non si può fare di tutta l’erba un fascio. Insomma, mi auguro non nascesse lo sport di vendere gli Npl come a Porta Portese. Da parte di Confindustria c’è la massima disponibilità al dialogo su temi tanto delicati». Condanna netta del provvedimento, invece, per Confartigianato Veneto che parla di una «soluzione che moltiplica i problemi – dice Luigi Curto, presidente veneto degli artigiani - tre rate non pagate e la banca si prende il capannone? Una soluzione che penalizza imprese e banche. Serve un tavolo tra governo, organizzazioni di categoria e Abi (banchieri, ndr) per trovare una soluzione diversa a un problema oggettivo».
Insomma, il decreto salva banche non piace: «Una tagliola di non poco conto: - attacca Curto - una laccio che ti strozza per portarti via la (seconda) casa e l’azienda…che fa arrabbiare». E che comunque non risolverebbe nulla «potrebbe trasformarsi in un problema per gli istituti di credito: riempirsi più rapidamente di capannoni che poco valgono non risolve certamente il problema dei mancati pagamenti e le sofferenze. Si rischia quindi di far male alle imprese e alle banche nello stesso tempo». Non sempre il decisionismo porta con sé reali soluzioni secondo Bugaro, che ricorda «questi benedetti capannoni sono talmente deprezzati che un decreto come questo ha il sapore di un rinvio del problema. Come non si vendono alle aste giudiziarie, allo stesso modo non riusciranno a venderli le banche se non a prezzi stracciati. Il tentativo di risolvere problemi macro economici con norme giuridiche ha sempre il fiato corto. Questa norma scrive uno degli ultimi capitoli di una storia iniziata alla fine degli anni ’60 e che conduce all’abbandono di un modello, quello del Nordest della manifattura. Ci ritroviamo con le crisalidi vuote di quel vecchio modello di sviluppo ma non credo nel pessimismo a oltranza: tantissime cose si stanno muovendo. Il Veneto continua a essere un modello positivo per la ricerca, per una serie di reti che stanno nascendo e anche per una consapevolezza diffusa della necessità di ripartire».
Curto Soluzione che moltiplica i problemi
Baban Sbagliato sfrattare aziende e lavoratori