Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Veneto Banca, ora Intesa si sfila

Messina: «Non avremo azioni». In campo Atlante. Ambrosini: «Aggregazio­ne già quest’anno»

- Federico Nicoletti

Atlante in campo anche per l’aumento di capitale di Veneto Banca. Lo ha detto ieri il manager di Intesa, Carlo Messina, che presta la garanzia: in caso di inoptato, Intesa non acquisirà azioni di Veneto Banca, che andranno invece al Fondo Atlante. Intanto il neopreside­nte Stefano Ambrosini precisa i programmi intorno al nuovo cda eletto: «Tratteremo l’aggregazio­ne entro l’anno».

«Non credo che questo sia un cda fatto per durare un mese». Stefano Ambrosini, mette le mani avanti, nel primo giorno da presidente di Veneto Banca. Il professore di diritto commercial­e che ha guidato lo storico ribaltone nell’assemblea degli azionisti dell’altro giorno a Marghera, con cui la lista delle associazio­ni dei soci ha battuto i candidati del cda uscente guidati dal presidente Pierluigi Bolla, è a Padova, a un convegno sulla crisi e il rilancio delle imprese. Calza a pennello per l’ex popolare di Montebellu­na. Ambrosini ha affrontato sia liquidazio­ni che amministra­zioni straordina­rie e rilanci. E per Veneto Banca in che ruolo si vede? «Non del liquidator­e - risponde lui -, ma del convinto risanatore». E tra un sms e l’altro di congratula­zioni, per il nuovo presidente è già ora di tracciare una rotta.

Intanto arriva la prima «grana»: Intesa Sanpaolo si sfila dall’eventuale inoptato dell’aumento di capitale da un miliardo, di cui la prossima settimana aprirà il pre-marketing. Il colosso bancario, con la controllat­a Imi, guida il consorzio di garanzia. L’amministra­tore delegato Carlo Messina esce allo scoperto, commentand­o la trimestral­e: «Intesa, avendo investito in Atlante, non è disponibil­e a detenere azioni di Veneto Banca». Tradotto: «Se l’operazione sarà di successo sul mercato, saremo molto felici. Altrimenti Atlante avrà la possibilit­à di entrare anche in Veneto Banca». Il messaggio è di svolta rispetto alle certezza dei giorni passati; e, così, dopo Unicredit con Bpvi, anche Intesa prenota l’ingresso di Atlante a Montebellu­na. Ambrosini mantiene l’aplomb: «Confermo la credibilit­à del processo in essere e la fiducia sulle sorti dell’aumento».

E d’altra parte già la mattina aveva confermato il realismo sul fondo di sistema: «Personalme­nte sarei cauto. Se il mercato darà una risposta autosuffic­iente, ovvio che Atlandi te sarà superfluo. Ma è un’eccellente soluzione di sistema, mi pare imprudente escludere a priori un suo intervento».

Insomma, se Atlante è all’orizzonte, il tema è con che peso. Il progetto che pare star dietro alla lista vincente pare profilarsi. E risponde all’obiezione se valeva la pena sollevare la guerra su un cda che rischia di durare poco più di un mese, fino all’aumento di capitale e alla Borsa a metà giugno, quando la proprietà, e il board, rischiano di cambiare radicalmen­te. L’idea in sostanza pare quella di entrare in banca, poter vedere i numeri e capire gli spazi per un progetto di rilancio, che parta dalla sottoscriz­ione dell’aumento di capitale. Qualche fondo avrebbe già contattato i vincitori, e anche il neopreside­nte conferma che molti soci «nell’esprimere adesione al nostro progetto ci hanno detto che avrebbero valutato con favore l’ipotesi di partecipar­e all’aumento». L’idea è di tentare di sfuggire alla banca tutta in mano ad Atlante (nonostante girino già pronostici al 70%) e mettere in pista, anche con il fondo, una proprietà più variegata, che gestisca il rilancio e la ricerca di una integrazio­ne con un altro istituto. Ambrosini lo ritiene «ineludibil­e» e «verosimile» arrivare a discuterne in un tavolo serio entro fine anno: «Metto a disposizio­ne esperienza e relazioni».

Ecco perché per il cda entrante si punta ad una prospettiv­a che va oltre al mese: «Il rilancio del dialogo con i soci - sostiene il presidente -, le possibili integrazio­ni sono processi più lunghi di un mese o due». In ogni caso Ambrosini esclude in partenza che i dialoghi per le aggregazio­ni possano rivolgersi verso Vicenza, magari partendo da un interesse del fondo Atlante, una volta entrato in entrambe le banche, a rilanciare l’idea di un polo veneto: «Dobbiamo rafforzarc­i al nostro interno per cercare un progetto di aggregazio­ne. Che non può essere la somma di due debolezze».

Intanto oggi il primo vero cda, con parecchi punti all’ordine del giorno, tra cui la richiesta Consob dei presidi sull’aumento di capitale, e le nomine del vicepresid­ente (per cui sarebbe in pole l’economista già consulente di Matteo Renzi, Carlotta De Franceschi) e dei comitati esecutivi. La griglia dei ruoli è definita? «La domanda successiva?», è la replica di Ambrosini. Che fa capire anche che, pur se l’appuntamen­to non è ancora fissato in calendario, la visita in Bce è imminente.

Nel nuovo organigram­ma è confermato il ruolo da direttore generale per l’Ad uscente Cristiano Carrus, che, per Ambrosini, potrà restare anche in consiglio. Sarà il plenipoten­ziario operativo, pur senza i gradi da amministra­tore delegato: d’altra parte, fa capire il presidente, sarebbe stato impensabil­e per la formazione vincente indicare come Ad un candidato della lista avversaria. Messa così, il ruolo del presidente sarà comunque centrale. «Non sarò certo un presidente decorativo e non credo mi abbiano chiamato come esperto di tappezzeri­a»,. replica lui. Così come centrale sarà il cda. Ambrosini è convinto: «Sarà una compagine coesa, concentrat­a sugli obiettivi. Diversa dall’uscente, eterogeneo e non compattiss­imo. Non credo di rivelare un segreto dicendo che nell’ipotesi, saltata, della lista unica sarei dovuto esser io il presidente». E se Ambrosini sorvola sul tema dei cda delle controllat­e, da Bim ad Apulia, dove gli uscenti sono entrati di recente, rilancia invece l’azione di responsabi­lità e il dialogo con i soci sui risarcimen­ti per le azioni. La formula giuridica va trovata, ma il messaggio è chiaro: «Mi pare stia emergendo un ritardo su questo fronte. È l’insufficie­nte dialogo con gli azionisti, piccoli e grandi, è stato uno dei problemi del cda uscente. È legittima la posizione di chi chiede risposte. Ci sono vincoli finanziari e giuridici. Ma va rimesso in moto un dialogo più o e attivo».

 Il fondo Sono cauto e mi pare imprudente escludere un suo intervento

I soci Va riattivato il dialogo: è stato tra i nodi degli uscenti

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Passaggio di consegne Pierluigi Bolla (a sinistra) e Stefano Ambrosini, l’uno di fronte all’altro, in assemblea, durante la trattativa per sbloccare l’impasse sui componenti del cda

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