Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I DUE VOLTI DEI FLUSSI MIGRATORI
Quella che fu l’Austria Felix alza un «muro» (in realtà una rete metallica di 300 metri peraltro scavalcabile) al Brennero. Alla moltitudine che fuggendo dalla guerra è alla ricerca di una voce amica giunge dal di là del «muro» un urlo di rigetto. È un coro che intona «non possiamo accoglierli tutti». Dove quel «tutti» - nella piena comprensione del fatto che accogliere tutti appare assai problematico - cela concetti indeterminati. Appaiono in tutta evidenza le braccia e le gambe di chi fugge dalla guerra, dalle privazioni della libertà personale, dalla povertà.
In ombra, poco o nulla s’intravede del loro potenziale intellettuale. Non si pensa ai lavori scoraggianti che quelle persone copriranno al posto nostro. Peggio, non si riflette sulle intelligenze che riceviamo. È grazie ai flussi migratori che i paesi d’accoglienza sono avanzati nello sviluppo sociale ed economico, stringendo legami con persone e mercati di città e paesi distanti. Le comunità, le città inclusive sono più intelligenti giacché vedono nell’immigrazione e nella crescita della popolazione una leva di progresso, e agiscono conseguentemente.
Le ricerche condotte dimostrano che densità e diversità degli abitanti di una città fanno crescere numero e frequenza delle interazioni. Le città che non sono in grado di attrarre e trattenere i migranti e, tra loro, i talenti rimpiccioliscono. I loro abitanti votano con i piedi anziché con la testa (per non dire col cuore).
Mentre è proprio sull’influenza reciproca tra i diversi che si fonda il rinascimento imprenditoriale di cui tanto s’avverte la necessità in Veneto.
Il monito del sommo Dante risuona tuttora forte: «La mescolanza delle genti è causa dei mali delle città». Un ammonimento, però, che ha significato affatto diverso da quello comunemente inteso. Sarebbero, invece, da osservare con attenzione le correnti migratorie e il dialogo tra genti di molteplice provenienza ed estrazione che scaturì durante il Rinascimento.
Effetti perversi dell’immigrazione e messa a repentaglio dei valori modellati dall’omogeneità etnica sono figure retoriche che prevalgono nel dibattito corrente. La lunga lista delle degenerazioni provocate dell’onda migratoria comprende squilibri etnici e generazionali (giovani gli stranieri e anziani i veneti), recrudescenza delle problematiche di sicurezza, riduzione dei valori immobiliari nei quartieri con addensamento di stranieri e abbassamento della qualità dell’istruzione. Tutte degenerazioni che mettono a dura prova una qualsiasi ipotesi di integrazione.
Trascurati, invece, i vantaggi dell’interazione tra culture diverse, con ricadute positive sull’istruzione delle nuove generazioni, e il potenziale d’imprenditorialità che l’immigrazione dischiude e sfrutta. Per il Veneto che aspira al rinnovamento, le norme tanto invocate per la regolazione dei flussi migratori andrebbero accompagnate da interventi che facilitino le comunità d’immigrati ad autorganizzarsi per darsi un’identità e una visibilità collettiva.
Se ciò accadesse, quelle comunità costruirebbero dei ponti tra i paesi d’origine e il Veneto. Un fatto, questo, di grande rilievo poiché l’internazionalizzazione delle piccole imprese venete corre anche lungo i canali di comunicazione aperti dagli immigrati e, in particolare, da quelli tra loro che qui hanno colto l’opportunità di creare imprese.