Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Contini Art Factory Pop ed emergenti nella nuova galleria
Federico, figlio del noto gallerista Stefano, inaugura uno spazio a Venezia Nella squadra Andy, Bolla, Tolomeo e molti emergenti. «Ho cercato di creare un’atmosfera di lavoro e familiare. Il mio sogno? Aprirne altre all’estero»
«Non mi piace chiamarla galleria, preferisco factory » . Qualunque cosa sia, quella aperta a Venezia tra l’Accademia e la Guggenheim da Federico Contini, non lascia indifferenti. Non solo per le cromie lisergiche di opere e manufatti, ma soprattutto per l’atmosfera divertita e indistinguibile tra un interno domestico e uno spazio pubblico. Sarà per questo che, nonostante l’inaugurazione sia prevista per domani, c’è già da giorni un via vai di appassionati d’arte, artisti, turisti che finiscono per mettersi in posa per una foto davanti a un quadro o a una scultura. Lui, Federico Contini, resta seduto sul divano al centro della stanza, chiacchiera con gli ospiti, smista schede e cataloghi, mette a punto dettagli. Perché preferisca chiamarla «factory», non lascia dubbi il divano, identico a quello reso famoso da Andy Warhol, ma fatto rifare a Carla Tolomeo.
«Mi piace l’idea di togliere tutto il peso istituzionale che hanno le gallerie - dice Contini, 36anni, figlio d’arte di Stefano, uno dei maggiori galleristi italiani - Mi piace che l’atmosfera sia insieme di lavoro e di relax, di nuovo e di familiare».
Attorno a quel divano si muove un caleidoscopio di curiosità, di quelle che sa germinare la pop-art. Qui addirittura è un turbo-pop meticciato di tecnologia. Il busto di un ineffabile Batman in marmo di Carrara del colombiano Gabriel Ortega campeggia tra due opere retro-illuminate di Michele Tombolini, che mette i corpi tagliati ai bordi della «tela» e fa della loro pelle un pattern di fiori e farfalle. Si prendono il loro spazio quasi monumentale i divani colorati di Carla Tolomeo, di viola o giallo, spalliere regali a forma di rosa.
Perché la scelta della newpop? «Ho solo preso atto dell’orizzonte in cui mi muovo: gli artisti che amo e quelli che conosco hanno in comune linguaggi, immaginari, persino segni visivi».
Prendete le farfalle: quelle accese di celeste impresse da Tombolini e quelle raccolte al Cavallino e confezionate in plexiglas dal padovano Bluer. La bassanese Ketra (Elena Pizzato) incornicia - mescolando concettualismo con suggestioni dark - bustini costretti da ganci e stringhe, su basi estroflesse in pvc, trapuntate di borchie. Oppure le foto: i paesaggi sdoppiati di Ljupka Deleva e quelli sfocati del mestrino Giovanni Cecchinato. Prendiamo in mano i teschi di Swarovski di Nicola Bolla («che ha iniziato a farli ben prima di Hirst») e le scarpe fiabesche realizzate da Luigi Bona fondendo le bottiglie di Coca Cola («unico autorizzato dalla casa-madre di Atlanta»).
Nella Contini Art Factory aleggia un’atmosfera giocosa: bisogna esplorare, scovare i dettagli, chiedere quali storie cova ogni oggetto. «Quello che mi piace è che qui c’è da raccontare», sorride Contini. La vespa di Alberto Spazzapan ad esempio, quella che sembra un nido di rondini, è in ferro battuto ed è stata fatta a Bali rispettando dimensioni e fattezze dello storico motociclo. Campagnolo-Biondo hanno foderato gli arazzi, cucendogli lamelle in stoffa ricoperte di foglie d’oro, da cui si intravedono i volti di note (e noti) pornostar. L’aquila in acciaio lucido di Daniele Basso è fatta di 1200 pezzi saldati. La Factory non è tale se non ha anche un po’ di glam. Andy, icona dei Bluvertigo, smalta grammofoni e chitarre. Ljudmila Radcenko, modella e showgirl tv, firma piccole tele per un brand. Riflette Contini: «Provo a incrociare un mercato di collezionisti interessati ad artisti non più emergenti, ma già emersi per talento e carriera, pur essendo ancora fuori dallo star-system dell’arte». Un sogno? «Aprire altre Factory in giro per il mondo». Informazioni www.continiartfactory.com.