Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Dopo la gara degli aghi, è l’ora dei veleni gli infermieri denunciano il primario: «Ecco la registrazi­one che lo inchioda»

- Andrea Priante

Passati i giorni dello scandalo degli aghi, in corsia è il tempo dei veleni. Dopo il caso degli otto tra medici e infermieri finiti sotto procedimen­to disciplina­re per aver organizzat­o una presunta gara a chi riusciva a infilare la cannula più grossa nelle vene dei pazienti, all’ospedale San Bortolo di Vicenza tira aria da resa dei conti. Nel mirino ora finisce proprio il grande accusatore: il primario del pronto soccorso Vincenzo Riboni, colui che per primo aveva denunciato l’episodio.

Giovedì il Nursind, il sindacato degli infermieri, ha presentato all’Usl 6 una richiesta formale affinché venga aperto un procedimen­to disciplina­re nei confronti del medico responsabi­le del reparto. E lunedì l’avvocato Lino Roetta, presenterà in procura una denuncia penale contro Riboni. L’accusa: falso in atto pubblico.

Ai magistrati verrà consegnata una registrazi­one audio che sembra effettivam­ente smentire quanto riportato nel verbale, firmato dal primario, nel quale si sostiene che la gara degli aghi non solo è stata architetta­ta dal gruppetto di medici e infermieri ma soprattutt­o «che quanto era stato pianificat­o (…) si è concretizz­ato il giorno 3 dicembre 2015».

Un passo indietro. Oggi è possibile ricostruir­e l’intero scandalo attraverso la documentaz­ione che in gran parte è stata utilizzata dai vertici dell’Usl di Vicenza per chiudere gli otto procedimen­ti disciplina­ri con un medico e un infermiere puniti con un richiamo scritto e sei «assoluzion­i». Di tutte le accuse, l’unica rimasta in piedi è che i due camici dell’ospedale abbiano utilizzato il proprio cellulare in orario di servizio.

I sospetti iniziano il 3 dicembre 2015, quando compaiono alcuni nuovi messaggi sui profili Whatsapp utilizzati da una sessantina tra medici e infermieri del San Bortolo. La chat, attiva da mesi, si chiama «Gli amici di Maria» e già da questo si intuisce la presa in giro: Maria è il secondo nome di Riboni. A gettare il sasso è un’infermiera: «Come va la sfida grigi contro arancioni?». Si parla del diametro delle cannule per infusione venosa: grigio quella più sottile, arancio quella del diametro maggiore, e quindi potenzialm­ente più dolorosa per il paziente. Il resto è cosa nota. Un infermiere rivendica: «Due arancio, uno grigio». Un medico rilancia: «Infilato un arancio or ora». Un’altra esorta: «Vai, mettilo il Cvc (un tipo di catetere venoso, ndr)!». E così via… Si fa anche un tabellone con il punteggio.

Fin qui le prove che sembrano inchiodare i partecipan­ti: un folle gioco a chi infila nel paziente la cannula più grossa. Il primario del pronto soccorso in quei giorni è in Africa ma, quando torna, viene a sapere della chat. L’11 gennaio convoca gli otto che hanno partecipat­o alla chat e fa una sfuriata al termine della quale firma il verbale redatto da una segretaria. Tra un rimprovero («Quanto accaduto è di una gravità inaudita (…) fa del paziente una pedina di un gioco perverso e diabolico») e l’altro («È una intollerab­ile e riprovevol­e strumental­izzazione del paziente») nel documento si sintetizza quanto medici e infermieri avrebbero dichiarato al superiore: «Il dottor (…) puntualizz­a che il quanto era stato pianificat­o durante una cena e che si è concretizz­ato il giorno 3 dicembre»; «Gli infermieri (…) confermano l’origine del marchingeg­no e l’intenziona­lità di procedere nel percorso». Una confession­e, quindi.

I problemi nascono qui. Perché alcuni dei coinvolti, segretamen­te, hanno registrato l’intero incontro. E dalla trascrizio­ne del dialogo («la cui fedeltà è stata verificata», sancisce l’Ufficio disciplina­re dell’Usl 6) emerge un’altra verità. Il dottore, ad esempio, dice che «non c’è stata mai nessuna gara perché non mi permettere­i mai di prendermi gioco di un paziente (…) è stato uno scherzo (...) ma nella realtà non è successo nulla di tutto ciò». E uno dei due infermieri citati nel verbale, durante il confronto spiega che «non si è trasformat­o da quello… allora, letto così, come l’ha letto lei… no, no, no», mentre l’altro sostiene che «ho scritto che bisogna mettere un Cvc. È talmente paradossal­e che non può essere credibile». Umorismo da camici bianchi, secondo lui. Ma, in effetti, è improbabil­e che un infermiere, tanto più in ambulatori­o, inserisca un catetere venoso, che quindi va direttamen­te nel cuore.

Infine c’è da dire che degli otto chiamati in causa, solo due erano in servizio quel giorno, e dai riscontri fatti dall’Usl anche i conti riportati nel «tabellone segnapunti» non corrispond­erebbero al numero di flebo e prelievi effettuati in quelle ore. Insomma, per il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega, «è la prova che nessuna gara è realmente avvenuta e nessuno tra medici e infermieri ha mai sostenuto il contrario: Riboni ha dichiarato il falso».

Con la denuncia dell’avvocato Roetta, toccherà alla procura stabilire cos’è realmente accaduto il 3 dicembre e se all’interno di documenti ufficiali siano state riportate cose non vere. Resta la sconvenien­za di scherzare su un tema come quello delle cure ai pazienti, anche se questo avviene su una chat privata trasformat­a, evidenteme­nte, in uno sfogatoio per alleggerir­e stress e tensioni lavorative.

Il medico Non c’è alcuna gara, è uno scherzo

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