Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Servizi, sciopero per i contratti mille in piazza a Venezia e i grandi musei restano chiusi
Tre categorie per 150.000 lavoratori in Veneto: turismo, commercio e servizi, polverizzate in 26 contratti. Alcuni dei quali scaduti da anni. E, soprattutto nei servizi, lo spettro è l’esternalizzazione selvaggia che trasforma ogni scadenza d’appalto nel rischio, concreto, di perdere il posto di lavoro.
Parte da un mosaico contrattuale impazzito la manifestazione regionale di Cgil, Cisl e Uil che ha portato ieri in campo San Geremia, a Venezia, oltre un migliaio di lavoratori. Lo sciopero nazionale, che nel capoluogo lagunare è costato la chiusura inedita di 7 degli 11 Musei Civici Veneziani, si è svolto sotto allo striscione «Workers without contract, tourism without equality». Per non sbagliare, lo sciopero parla inglese quasi per avvisare i turisti di passaggio. Gli stessi che hanno trovato aperti soltanto il Museo di Storia Naturale, del Merletto e del Vetro. A Palazzo Ducale, l’apertura dei cancelli è slittata alle 9 anziché alle 8.30 con alcune sale chiuse al pubblico.
Per «servizi» si intende una galassia composita: operatori museali, guardie giurate, cuochi nelle mense, addetti alla cura della persona nelle case di riposto e ai Cup degli ospedali. L’esempio più impattante sembra essere quello dei Musei Civici: «Siamo in scadenza contrattuale - spiegano i tre delegati Rsa di Filcams Cgil Enrico Pellegrini, Alessandra Marchetti e Donatella Ascoli -. Non a caso la partecipazione è stata un successo». Problemi comuni sia a chi lavora in appalto per soggetti floridi come la Fondazione Musei Civici Veneziani (25 milioni di lordo annui) sia a chi lavora nella sanità dove, ormai, si appalta all’esterno anche la consegna dei vassoi per i pasti. In piazza oggi c’erano anche Valentina e i suoi colleghi dei Cup dell’Angelo e dell’ospedale civile di Venezia: «Siamo al 75% donne e in parte disabili - spiega - ogni rinnovo è un terno al lotto». È quella clausola sociale su cui tuona Emilio Viafora, segretario della Filcams Cgil regionale: «La Ue l’aveva imposta mentre il Governo ha modificato il testo della Commissione Lavoro dicendo che la clausola “può essere introdotta”».
Tre lettere che fanno la differenza. Per la Uil c’era Luigino Boscaro, Uiltucs, che spiega come e perché, nei servizi, i rinnovi contrattuali diventino cruciali anche per chi lavora in appalto: « Al momento le aziende decidono quante ore assegnare ma soprattutto chi tenere, va da sé che i soggetti più deboli, donne con figli o chi ha già maturato scatti d’anzianità sia a rischio. E ormai in assenza del contratto si applicano spesso i cosiddetti “contratti pirata” sottoscritti da sindacati autonomi e associazioni datoriali».
Governare una realtà tanto composita diventa un’impresa. Nel commercio, ad esempio, la grande distribuzione si è sfilata dal ccln del commercio. E all’appello, fra chi ha contratti da rinnovare c’è di tutto: pubblici esercizi, catene di ristorazione autostradali, agenzie di viaggio, mense, farmacie private, terme, multiservizi, case di riposo.
Diverso il discorso per il turismo: «Noi abbiamo già firmato lo scorso anno con un aumento in busta paga di 88 euro al mese - spiega Marco Michielli vice presidente di Confturismo nazionale – e rappresentiamo il 90% del turismo. Abbiamo reputato la battaglia di Federturismo un po’ speciosa». Risponde Antonello De’ Medici, presidente di Federturismo Confindustria Veneto «i sindacati vorrebbero che firmassimo un contratto fotocopia rispetto a Confturismo: non è possibile. Rappresentiamo le grandi catene che hanno contrattazioni di secondo livello importanti e che continuano ad assumere partendo da retribuzioni ponderate non troppo lontane già oggi dal contratto firmato da Confturismo. Mi auguro si arrivi a breve a una mediazione soddisfacente».