Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Matei e Riina? Facebook è libertà d’espressione» Il manager vicentino che lavora per Zuckerberg: «Lottiamo contro l’uso fraudolento dei social»
Ieri, nell’ambito del Galileo festival dell’Innovazion e, nel corso di un incontro con l’associazione «Alumni» all’Università di Padova, ha parlato Matteo Menti, vicentino di 36 anni, trapiantato negli Usa, dove lavora come manager per Facebook. Ha raccontato la sua esperienza di lavoro offrendo uno sguardo sulla Silicon Valley
Come «growth manager» di Facebook si occupa degli aspetti tecnici relativi al ramo commerciale, ma la sua dimestichezza con le innovazioni oltrepassa gli steccati. E assicura: tra pochi anni le intelligenze artificiali ci salveranno dalle manipolazioni.
Stefano Menti, 36 anni di Valdagno, è l’uomo a monte del sistema che decide quanto spazio avranno (e che misura i clic raccolti) le inserzioni degli app developer sul social network di Mark Zuckerberg. Ieri è tornato all’Università di Padova (dove si è laureato in Ingegneria gestionale) per offrire «uno sguardo dalla Silicon Valley» al Galileo festival dell’innovazione, nel corso di un incontro con l’associazione Alumni.
Qual è esattamente il suo ruolo all’interno di Facebook?
«Le aziende che hanno sviluppato un’app cercano di sponsorizzarla tramite diversi canali a pagamento, tra cui il nostro social network: io rinnovo il prodotto per le inserzioni ogni mese e informo i clienti sulle nuove funzionalità, collaborando alla crescita finanziaria dell’azienda. Gli errori? Ci sono ma servono a crescere e aprire nuovi progetti, non vengono stigmatizzati come in Italia».
Recentemente Facebook è finita al centro di alcuni casi controversi, come la censura dei nudi femminili di Helmut Newton esposti alla Casa dei tre oci di Venezia e il via libera ai post sul profilo di Salvatore Riina. Che idea si è fatto?
«Non mi occupo del rapporto con gli utenti, so solo che il mix di controllo automatico e manuale permette di filtrare i contenuti e focalizzare l’intervento dell’uomo dove c’è bisogno. Il problema è che lo stesso materiale è offensivo per alcune persone e non per altre, ma in linea di principio si tende a favorire la libertà di espressione».
In futuro si riusciranno ad arginare le distorsioni?
«È davvero difficile dirlo, anche perché le innovazioni sono all’ordine del giorno e facciamo parte di un meccanismo estremamente dinamico. Di sicuro però le intelligenze artificiali ci aiuteranno a impedire gli usi fraudolenti. E stiamo parlando del futuro immediato, perché la tecnologia esiste già e si tratta solo di migliorarla».
Doina Matei, la «killer dell’ombrello» in carcere a Venezia, ha perso la semilibertà per alcune foto sorridenti su Facebook e l’ha riottenuta a patto di girare al largo dai social network. In questo caso l’innovazione può fare qualcosa?
«Non credo, anche perché Facebook non incentiva comportamenti illeciti: il problema è l’utente che va al mare a divertirsi. Poi si può discutere se abbia il diritto di farlo o meno, ma il problema resta il fatto e non il mezzo».
Menti Il futuro? Realtà virtuale e genetica
Facebook a parte, quali sono i fronti caldi dell’innovazione?
«Personalmente, ne vedo tre: la realtà virtuale, la genetica e le intelligenze artificiali. Dopo desktop e smartphone, i dispositivi di realtà virtuale saranno gli hardware del futuro. Startup e Pmi dovranno sviluppare contenuti innovativi per queste piattaforme senza copiare quelli di altri contenitori, proprio com’è successo con le app: ci sarà bisogno di un nuovo Uber, ma al momento nessuno può sapere quale sarà il suo equivalente».