Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Banco, aumento di capitale alla prova dell’assemblea
Test fusione con Bpm ma rischio diluizione per i soci
L’aumento è propedeutico alla fusione con Popolare di Milano prevista entro la fine dell’anno
L’unico punto all’ordine del giorno di oggi è l’aumento di capitale da un miliardo che la Bce ha di fatto «ordinato» e di fronte al quale l’amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, per quanto malvolentieri, non ha potuto che adeguarsi. L’assemblea straordinaria dei soci del Banco Popolare, convocata alle 8.30 nei locali della Fiera di Verona, è chiamata unicamente a dare disco verde al Consiglio di amministrazione il quale, teoricamente entro un anno e mezzo, di fatto nell’arco di pochi giorni, stabilirà tempi e modi per concretizzare l’operazione. Il tutto, come noto, in vista della fusione con la Banca Popolare di Milano prevista entro la fine di quest’anno e che porterà alla creazione di quella che si configura come la terza banca italiana dopo Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Il percorso dovrà quindi attraversare una ulteriore fase assembleare, verosimilmente in ottobre, per la trasformazione, per entrambi gli istituti, della loro natura di «popolari» in Società per azioni. Infine ci sarà l’aggregazione con un concambio che attribuirà a Verona circa il 54% del capitale. Quello che appare il lato doloroso della vicenda è la forte diluizione alla quale i soci attuali del Banco andranno incontro con l’aumento di capitale, nonostante si stia parlando di «appena» un miliardo su un patrimonio netto di otto e mezzo (quindi con proporzioni ben diverse da quanto si è visto per la Popolare di Vicenza). Tentando una prima valutazione con il multiplo riconosciuto oggi dai mercati, ossia il rapporto fra prezzo e patrimonio netto, come si è visto dell’ordine di 0,3, significa che il valore attribuito alla banca dopo l’aumento di capitale si collocherà sui 2,8 miliardi. Perciò se si calcola il valore prima dell’aumento di capitale, per i 360 milioni di azioni in circolazione si giungerebbe ad un prezzo di poco superiore ai 5 euro e qualcosa e, di conseguenza, per mettere insieme l’ulteriore miliardo occorrente, bisognerà emettere altri 200 milioni di titoli, quantità che evidentemente quasi dimezzerebbe il peso delle azioni n mano ai soci attuali, non disposti a partecipare all’aumento di capitale. Il tutto, peraltro, senza considerare eventuali sconti e il fatto che, molto facilmente, solo la metà delle nuove azioni (o addirittura meno) sarà offerta a chi già ne possiede, mentre il resto finirà agli investitori istituzionali.
Questo comporterebbe in sostanza ad una riduzione del peso dei soci, che poi dovranno affrontare anche la trasformazione in spa.
Dopo due aumenti di capitale sottoscritti nel 2011 (2 miliardi) e nel 2014 (1,5 miliardi), insomma, la terza ricapitalizzazione per i vecchi sottoscrittori non sarà affatto un premio e probabilmente stava anche in questo la radice dell’auspicio di Saviotti, appena pochi mesi fa, di poterla evitare. Ma in questo caso il passo prelude ad una fusione che porterà il Banco a diventare una «banca di sistema», categoria per la quale i requisiti patrimoniali posti dalla Bce sono più robusti. Ergo, l’aumento è necessario. Con il nuovo miliardo il Cet1 salirà al 14,9% e solo allora, per la Bce, il Banco sarà all’altezza delle nuove sfide. «A Francoforte sono arroganti ma comandano loro», aveva commentato Saviotti poche settimane fa.