Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Salta Crediveneto, 76 milioni di buco
Dopo Euganea e Padovana altra Bcc in liquidazione. Soci azzerati, salvi correntisti e obbligazionisti
Un’altra tegola sul sistema bancario veneto. Dopo l’Euganea e la Padovana salta un’altra Bcc, Crediveneto: buco da 76 milioni. L’istituto di Montagnana è stato messo in liquidazione dalla Bankitalia, alla vigilia dell’assemblea che sarebbe dovuta tenersi oggi a Cerea, è che è stata invece cancellata. L’intervento della banca centrale e dei fondi del credito cooperativo mette al riparo i correntisti e gli obbligazionisti: circa 32 mila i clienti interessati delle province di Padova, Verona, Vicenza e Mantova. Il patrimonio è invece nella mani di un liquidatore.
Non ci sarà questa mattina, a Cerea, nel Veronese, l’assemblea dei soci (novemila i convocati) di Crediveneto, la Banca di credito cooperativo di Montagnana. Sarebbe stata inutile: l’istituto è stato ieri messo in liquidazione con un decreto del ministero dell’Economia su proposta della Banca d’Italia e preso in carico da Banca Sviluppo.
Per il Veneto è la terza volta che una Bcc finisce in liquidazione in meno di due anni. Le prime due sono la Euganea e la Padovana, senza contare il «salvataggio» della Banca Atestina, la scorsa primavera grazie all’acquisizione di Banca Prealpi. Andando appena un po’ indietro nel tempo, fra le burrasche del Credito cooperativo veneto vanno annoverati anche alcuni commissariamenti (Bcc Monastier e del Sile, anch’essa raggiunta dagli emissari di Bankitalia alla vigilia dell’assemblea, quindi Banca del Veneziano, allora presieduta da Amedeo Piva, storico leader della Federazione regionale, e Credito Trevigiano), e ora, con l’ultimo atto della liquidazione di Crediveneto, la speranza è che si sia finalmente esaurita una curva negativa durata un lustro. Anche perché la sigla di Montagnana non è certo l’ultima per dimensione, anzi. Se nei tempi d’oro, cioè fino al 2013, poteva intermediare masse di 2,4 miliardi, pur maturando un passivo di 7,6 milioni, oggi è classificata per volumi gestiti e sportelli al sesto posto delle graduatoria regionale. Il presidente, Piergiorgio Agostini, con tutto lo «stato maggiore» dell’istituto, è rimasto chiuso in riunione fino a tarda ora con Ennio Falcone, presidente di Banca Sviluppo Spa, cioè il soggetto bancario del gruppo Iccrea creato con lo scopo di mettere in sicurezza i player del sistema cooperativo nazionale in difficoltà nell’ambito del più ampio progetto di autoriforma.
A differenza di quanto accaduto solo pochi mesi prima con la Bcc Padovana, dove le sorti dell’istituto erano state affidate ad un commissario il quale aveva gestito il passaggio degli asset al controllo della Bcc di Roma, qui le redini passate a Banca Sviluppo, come già visto due anni fa per l’Euganea, sono rimaste in mano al Cda fino all’ultimo giorno. Cioè ieri, quando Banca Sviluppo ha ereditato l’intera struttura con attività e passività. L’effetto «macro» dal punto di vista di clienti e creditori, compresi gli obbligazionisti subordinati, è che non si noterà alcuna differenza rispetto a prima perché da domani, rassicura la Federazione delle Bcc del Veneto, «gli uffici e gli sportelli saranno regolarmente aperti e funzionanti e tutte le operazioni bancarie potranno essere effettuate senza variazioni, benché sotto la responsabilità di Banca Sviluppo».
Per gli osservatori esterni, invece, il dato di fatto è che la squadra delle 29 Bcc del sistema veneto rimaste dalle 33 di pochi anni fa dopo aggregazioni e cessioni varie, vede nella sostanza erosa un’altra insegna rispetto alla quale, va comunque rilevato, le possibilità di sopravvivenza autonoma, con un buco di 76 milioni, erano ormai prossime allo zero. Le incognite che rimangono sono a questo punto sostanzialmente due. La prima è la gestione, da parte del liquidatore, dei poco meno di 120 milioni di patrimonio al 31 dicembre, ossia se lo stesso sarà integralmente sacrificato o se almeno una parte potrà essere risparmiata. La seconda sta in una non semplice vertenza che si gioca attorno ad un’ottantina di esuberi sui quali la discussione fra banca e sindacati fino a pochi giorni fa è stata confusa. «Non avevamo accettato di concludere una trattativa in assenza di presupposti e, soprattutto, senza alcuna indicazione concreta di piano industriale – hanno detto ieri alcuni esponenti sindacali – ma adesso, benché lo scenario sia quello di un’azienda in liquidazione, possiamo nutrire la speranza di ragionare su un orizzonte più chiaro».