Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Il cibo è un affare» Domani in edicola Corriere Imprese
A Nordest l’agroalimentare vale il 9% del Pil e traina la ripresa. Domani l’inserto in edicola
Siamo terra di manifattura, d’accordo, ma nel Nordest post-crisi i vagoni si sono agganciati anche al traino di un’altra locomotiva: l’agroalimentare o, come si dice con definizione più internazionale, il food. Oggi questo comparto, soprattutto grazie al boom del vino, vale da solo il
9% del Pil regionale e sospinge le performance economiche e le esportazioni della regione, che risultano superiori ai dati nazionali. Non solo: investire in un vigneto, particolarmente nel Veneto (zone di produzione dell’Amarone e del Prosecco Docg) , è diventato più interessante che mettere i soldi nel mattone, il tradizionale bene rifugio di queste latitudini. Solo per fare qualche esempio: il valore di un appezzamento della Valpolicella, destinato ad Amarone, è cresciuto del 1.357% in 50 anni; nella zona del Cartizze, la «cru» del Prosecco Docg di Valdobbiadene, un ettaro di vigneto (sono in tutto 107 ettari) oscilla tra il milione e il milione e mezzo di euro. Naturalmente si tratta di cifre più che altro potenziali: non si ha notizia, infatti, che qualcuno dei proprietari dei terreni sulla collina del Cartizze voglia vendere la sua miniera d’oro verde.
Della straordinaria crescita di valore del comparto food si occupa l’inchiesta di primo piano del nuovo numero di Corriere Imprese, l’inserto delle economie del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, che sarà in edicola domani, all’interno del Corriere della Sera. Non solo: il comparto agroalimentare si sta caratterizzando per un’autentica rivoluzione tecnologica nei suo vari aspetti produttivi, dai robot che stanno entrando sempre più diffusamente anche nel lavoro dei campi fino all’automazione spinta - che garantisce sicurezza assoluta per il consumatore - delle grandi «fabbriche del mangiare». Anche una fetta di pandoro, come dimostra ampiamente il passo dell’inchiesta dedicato alla Bauli di Verona, oggi può essere hi-tech. Avverte l’economista Diego Begalli dell’Università di Verona, tra i maggiori studiosi dell’agroalimentare nostrano: «Sono cambiati i consumatori, di conseguenza sono cambiate le aziende. Nel settore, in questi ultimi 10-15 anni, è scoppiata una rivoluzione». L’avvento del digitale e dell’ecommerce hanno fatto il resto: grazie al commercio elettronico, per esempio, un pasticcere artigianale molto noto ma tutto sommato di piccole dimensioni come Loison di Costabissara (Vicenza), oggi può vendere i suoi prodotti in tutto il mondo.
Nel nuovo numero di Corriere Imprese, spazio anche a un approfondimento sulle professioni liberali e, in particolare, sui «commercialisti 4.0». Un’apposita inchiesta, commissionata da Deltaerre al professor Paolo Gubitta dell’Università di Padova, ha rivelato che, nell’era del web imperante, soltanto il 16% degli studi di commercialista nel Veneto ha una presenza stabile e interattiva (sito e social) sulla rete. La stragrande maggioranza dei professionisti, quindi, è composta da «invisibili digitali». Questo limite rischia di essere pericoloso: «Chi non si evolve - avverte Gubitta - è destinato all’estinzione professionale. A meno che non stringa alleanze con altri».
Commercialisti 4.0? In grande maggioranza sono degli «invisibili digitali»