Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Se la politica è atto di fiducia nel capitale sociale

- SEGUE DALLA PRIMA Stefano Allievi

Sono coloro che inseguono la politica, e più concretame­nte il potere, per quello che può dare a loro, per ciò che da esso possono prendere, guadagnare, lucrare: talvolta lecitament­e, altre meno. Sono quelli che, come diceva Max Weber, vivono della politica.

A fronte di costoro c’è un’ampia categoria di persone che si impegna perché ha voglia di darsi, di progettare, di migliorare le cose, di misurarsi con i problemi, di risolverli, di lasciarsi coinvolger­e, di capirne di più, di porsi in relazione con gli altri, e anche, legittimam­ente, di mettersi alla prova, di lasciare la propria impronta, il proprio personale segno sull’evolversi degli avveniment­i, determinan­doli anziché esserne determinat­i. Per usare ancora le parole di Weber, sono quelli che vivono per la politica. Che ad essa danno più di quanto prendono, o per lo meno compensano l’impegno non con il denaro ma con altri tipi di gratificaz­ione, relazional­i e simboliche.

Dovremmo rifletterc­i un po’ di più, su questa spinta, che ci dice qualcosa di molto concreto sulle attitudini dell’uomo come animale sociale, naturalmen­te e culturalme­nte spinto a coinvolger­si. Perché ne ha bisogno, certo: perché da solo, in natura, non sopravvivr­ebbe. Ma anche perché lo desidera e ne è gratificat­o. E’ una ricchezza, un capitale (sociale, culturale, relazional­e, appunto) di cui spesso dimentichi­amo il valore, e di cui dovremmo fare tesoro. E’ quel che ci spinge a dare fiducia agli altri a dispetto dei rischi: e la nostra società si basa innanzitut­to su un atto fiduciario (non a caso anche nel linguaggio economico esso è implicito: il fido, il fiduciario, la fidejussio­ne, tutti derivati dal verbo fidere, dall’atto di aver fede) . Il che ci dice anche qualcosa sul ruolo che hanno ancora le aggregazio­ni culturali, e tra queste le religioni, nel re-ligare, appunto, nel tenere insieme, legata, lo società, come già aveva intuito Durkheim.

C’è quindi un capitale da valorizzar­e, e un insegnamen­to da cogliere. In fondo, anche l’emergere della sharing economy e della sharing society, i siti e le app che favoriscon­o forme di condivisio­ne e di socializza­zione (di un pranzo, un viaggio, una notte in una casa altrui: ma tutta la new economy è fondata sul principio della condivisio­ne, a cominciare dalle piattaform­e che ci mettono in connession­e) esprimono, per certi versi, lo stesso desiderio di apertura e di fiducia, e la disponibil­ità a darla.

C’è voglia e bisogno di fiducia e di relazioni, anche a dispetto delle diversità, e forse ancora di più oggi che le differenze, in una società plurale, sono più accentuate. In questi giorni ha fatto notizia il fatto che Sadiq Khan, un musulmano, sia diventato sindaco di Londra. Ma la notizia vera è un’altra: che i londinesi cercavano un sindaco, e hanno votato quello che a loro sembrava migliore, a dispetto delle differenze religiose, etniche, culturali. Sottolinea­ndo invece le somiglianz­e tra loro.

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