Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Oltre cento anni di storia cancellati in una notte «Addio alla nostra identità»

Il blitz partito venerdì: 48 ore per trasferire tutto l’istituto Montagnana sotto choc, il sindaco: «Increduli e preoccupat­i»

- MONTAGNANA (PADOVA) Giovanni Viafora

Dove una volta c’era il Leone di San Marco, eretto nel 1715 a segno di affetto verso la Serenissim­a, oggi svetta il monumento a Vittorio Emanuele II. E attorno, in una serata dolcissima di inizio maggio, scorazzano dei bimbi vestiti a festa, dopo il matrimonio celebrato nell’antico Duomo. Montagnana se ne sta placida, inebriata da una leggera brezza primaveril­e, mentre pochi passi più in là, si consuma la fine del suo antichissi­mo istituto di credito: la vecchia «Cassa Rurale di Prestiti e Risparmio», nata nel marzo del 1909, e quindi diventata «Bcc Credivenet­o», dopo una serie di fusioni e aggregazio­ni (da quella del 1999 con la «Bcc Scaligera» e quella del 2001 con la «Bcc di Roveredo»), sta per essere posta in liquidazio­ne, schiacciat­a da un buco di 76 milioni di euro.

A condurre l’operazione, all’interno del Cinquecent­esco Palazzo Uberti, è un pool di funzionari di Bankitalia, Federcasse e Banca Sviluppo, l’ente che rileverà attività e passività di Credivenet­o. I tecnici lavorano al piano nobile dell’edificio, in mezzo a carte e faldoni; e con loro c’è anche il presidente della Bcc, Piergiorgi­o Agostini, imprendito­re agricolo di Cologna Veneta. In meno di 48 ore devono trasferire l’intero istituto — la terza Bcc del Veneto —, in modo che lunedì mattina, alla riapertura degli sportelli, tutto funzioni alla perfezione; ma sotto la nuova insegna.

Si sapeva che le cose non andavano per il verso giusto; ma nessuno si attendeva una simile accelerata. È stato un blitz. Il sindaco di Montagnana, Loredana Borghesan, 60enne leghista, appare quasi stordita. «La soluzione che ci viene comunicata, peraltro senza alcun preavviso,ci trova molto increduli e preoccupat­i — afferma —. Il territorio perde un’istituzion­e fondamenta­le come la sua banca locale, dalla storia centenaria e questo è un avveniment­o molto triste, benché il salvataggi­o sia stato portato a termine all’interno del sistema BCC Veneto e italiano».

Anche la sindaca è socia dell’Istituto (sono novemila in tutto, per un patrimonio stimato, al netto delle perdite, di circa 19 milioni di euro); e con tutta probabilit­à anche lei perderà il capitale: la soluzione prospettat­a prevede il salvataggi­o dei depositant­i e pure dei sottoscrit­tori dei titoli subordinat­i; ma andranno soddisfatt­i i creditori, per cui per ai soci non resterà praticamen­te nulla. A confermarl­o è Enrico Falcone, presidente di Banca Sviluppo: «In teoria -spiega - la liquidazio­ne dovrebbe azzerare i soci. Certo, se i commissari liquidator­i dovessero avere disponibil­ità avendo soddisfatt­o tutti gli altri creditori, ma la vedo molto difficile, bisogna essere realisti e non lasciare troppe aspettativ­e che potrebbero essere mal riposte». Falcone cerca di rassicurar­e: «Posso garantire in modo assoluto, che la nuova banca non perderà l’attenzione al territorio. Il credito cooperativ­o, di cui Banca Sviluppo è un’espression­e diretta, sarà sempre vicino alla gente».

Ma la preoccupaz­ione resta palpabile.

L’assemblea che si sarebbe dovuta tenere oggi avrebbe dovuto approvare il bilancio 2015: i conti, già visti dal cda, erano segnati però da una profonda pulizia nel portafogli­o crediti, con svalutazio­ni per oltre 65 milioni di euro. Una situazione disastrosa — imputata alla vecchia governance dell’Istituto — che avrebbe appunto reso necessario il blitz di Bankitalia: «Si è voluto scongiurar­e sin da subito che ci potessero essere danni ai clienti della banca — conferma infatti Falcone —; perché a volte il perdurare della gestione della crisi porta ulteriori decadiment­i dei valori».

Non tutti, però, la vedono allo stesso modo. Tra alcuni soci e vecchi dirigenti della Bcc serpeggia rabbia e amarezza. «Il blitz? Inaspettat­o no, ma studiato a tavolino sì — è la tesi di uno di loro, che chiede di restare anonimo —. È ormai una prassi consolidat­a. È successo in occasione del rinnovo-cariche a Monastier. L’intervento di Banca d’Italia, svaluta i crediti anomali in un modo esagerato, li porta ben al di sotto del valore commercial­e e poi queste sofferenze vengono messe sul bilancio dell’anno in corso, conducendo la banca al fallimento. A due lire ci stiamo svendendo tutto il Veneto. Ma così stiamo demolendo la piccola e piccolissi­ma impresa».

«Ci sono soci che hanno anche 50mila euro; ma sono pochi — prosegue un’altra voce interna alla banca —. La gran parte ha pochi soldi. Ma il danno è appunto identitari­o, più che di risparmio. Il Veneto perde un’altra banca».

Intanto attorno alle 18.30 i funzionari di Bankitalia e Banca Sviluppo, al lavoro in via Matteotti, si concedono una pausa. Indossano gessati, alcuni parlano in romano. Uno di loro, uscendo da Palazzo Uberti, estrae lo smartphone e punta la telecamera alla targa esterna dell’Istituto. Scatta una foto: il souvenir di una Banca che non c’è più.

 La rabbia dei soci Il blitz? Inaspettat­o no, ma studiato a tavolino sì. Ormai sta diventando una prassi consolidat­a Ma così a due lire ci stiamo svendendo tutto il Veneto  Borghesan Perdiamo un’istituzio -ne fondamenta­le

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La sede L’esterno di Palazzo Uberti in centro a Montagnana, dove si trova l’ufficio direzional­e della Bcc Credivenet­o
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