Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
LA COGNIZIONE DEL DOLORE 2.0
Esistono fotografie che vanno oltre l’immagine. E ci mostrano volti e notizie con una tale nitidezza e una tale intensità, che pare di conoscerli da sempre. E’ il caso dello scatto che ritrae in Rete quest’uomo sorridente, Massimo Pin, 42 anni, trevigiano.
Alla resa dei conti, il suo è un amore sconfinato per la vita che poggia su cinque pilastri: la madre, la sorella, la compagna, la musica e il design per interni. E c’è quel male che da quattro anni, pur scavandogli il corpo non gli ha mai intaccato l’anima. Lo scorso 27 settembre, Massimo ha scritto un post su Facebook: «One week», «una settimana».
Sotto, commenti di amici e conoscenti, domande ma soprattutto tanti inviti a non mollare. Mercoledì scorso Massimo è morto. Anche il web ha i suoi riti del lutto. Sulla bacheca del social, moltissimi gli hanno regalato l’ultimo, commosso saluto dopo che egli stesso aveva previsto la data della sua morte. La storia di Massimo è emblematica. Tanti e tutti rilevanti gli spunti che offre.
Oltre alla bellezza di un’esistenza vissuta da protagonista, in nome delle sue passioni la famiglia, la compagna, la chitarra, il design per interni - il percorso di Massimo, uno di noi, ci racconta di come al tempo della Rete sia cambiata la percezione della malattia. La cognizione del dolore 2.0 è una metamorfosi che (ri)scrive dall’intimo il significato stesso della parola patologia. Da fatto assolutamente privato, da nascondere agli occhi della società - pena una sorta di esclusione dalle dinamiche sociali quotidiane - la malattia per Massimo diventa invece diario e sentimento da condividere, ora dopo ora, giorno dopo giorno, sino alla fine.
Un vissuto talmente potente da diventare tema di dibattito e solidarietà sul web. Oggi il dolore 2.0 rivela i canoni di un fenomeno sempre più strutturato, che rivoluziona persino l’approccio alla malattia e ad un tabu come la morte.
Non a caso, la compagna Veronica scrive: «Ha lottato come poteva, il suo lavoro e la musica gli hanno dato forza a lungo, ma alla fine quel male ingiusto lo ha sopraffatto». Di Massimo, fanno riflettere (e spiazzano) il coraggio e la lucidità nella lotta impari con un male che ha comunque voluto affrontare e condividere senza segreti, senza filtri, anche nel capitolo estremo. La madre Renata e la sorella Paola possono essere orgogliose del loro Massimo. Chitarrista dotato. Le cui tappe - e la valanga di post in Rete lo testimonia - resteranno per sempre nel ricordo di chi lo ha conosciuto.