Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mose, le imprese: «Obbligati a pagare, soldi anche a Roma»
Gli imprenditori: «Soldi in nero a Orsoni per non irretire Brunetta». Perizia su Mazzacurati
«Mazzacurati me lo disse: “se non olii, non si lavo- ra”. In tutto ho versato 4/5 mi- lioni di euro», ha raccontato un imprenditore. Un secondo l’ha confermato: «Non volevo partecipare alla creazione dei fondi neri, ma l’insistenza di Mazzacurati fu insopportabile». Insomma, per lavorare bisognava anche «creare» le tangenti. «C’erano due livelli - ha raccontato Stefano Tomarelli a Venezia si pagavano il Magistrato alle Acque e la politica locale, a Roma i ministri e i funzionari».
«Mazzacurati me lo disse chiaramente: “se non olii non si lavora”. E quando io cercavo di chiedergli qualcosa, tagliava corto: “tu pensa a lavorare”. Portavo 100 mila alla volta, 400 mila all’anno. In tutto abbiamo versato 4/5 milioni in nero». Già l’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita aveva dato un’immagine di Giovanni Mazzacurati come «padre-padrone» del Consorzio Venezia Nuova. Ieri gli imprenditori chiamati a testimoniare nel corso del processo agli ultimi otto imputati dell’inchiesta Mose hanno spiegato che, nonostante abbiano già patteggiato due anni fa per corruzione, quelle «mazzette» le hanno sempre vissute come qualcosa di diverso: un «obbligo per poter lavorare», anche se in realtà i soldi per pagare non venivano dalle casse delle imprese, ma dalle tasche dei contribuenti, visto che nascevano da fatture per servizi inesistenti pagate dal Cvn a cui veniva restituita la metà.
Il primo a spiegarlo, con la citazione riportata all’inizio, è stato Gianfranco Boscolo Contadin, patron della Nuova Coedmar, impresa chioggiotta titolare del 2 per cento del Consorzio. Ma l’ha confermato anche Stefano Tomarelli, l’uomo di Condotte. «Nel 2005 l’ingegner Neri (braccio destro di Mazzacurati e gestore del fondo con i soldi retrocessi dalle imprese, ndr) venne in cantiere e disse che serviva un marchingegno per creare fondi neri, perché Mazzacurati aveva necessità di un flusso continuo di soldi per “oliare” le persone con cui si rapportava amministrativamente e poi anche chi decideva sui fondi», ha raccontato Tomarelli. Il manager di Condotte ha spiegato di aver provato a resistere per mesi. «L’insistenza di Mazzacurati fu insopportabile e non ebbi alternative - ha continuato - Ma nel 2007 dissi che non ne volevo più sapere, tanto che un giorno Alessandro Mazzi (che guidava la Grandi Lavori Fincosit, altra impresa leader del Consorzio, ndr) mi confessò che ero stato bravo a svincolarmi da quel meccanismo infernale». «Qualcun altro è riuscito a dire no a Mazzacurati?», gli ha chiesto l’avvocato Paolo Rizzo, che difende Nicola Falconi, piccolo imprenditore veneziano, e punta a dimostrare che nemmeno i «big» del Cvn riuscivano ad affrancarsi dalle richieste dell’ingegnere. «No», la replica.
Tomarelli ha poi spiegato chi fossero i destinatari. «C’erano due livelli, quello veneziano e quello romano - ha detto - Il primo prevedeva la politica locale, per esempio Giancarlo Galan e Renato Chisso, e anche il Magistrato alle Acque. A Patrizio Cuccioletta veniva data qualsiasi cosa chiedesse, anche gli aerei privati per gli spostamenti. Con Maria Giovanna Piva fu un idillio all’inizio, un giorno vennero dati una ventina di milioni di lavori ad alcune imprese padovane e si disse che era un favore al marito». Anche se poi il difensore dell’ex Magistrato alle Acque a processo per corruzione, Emanuele Fragasso, ha affermato che Piva si era separata nel 1990. «Il secondo livello romano - ha proseguito Tomarelli - comprendeva i ministri delle Infrastrutture e dell’Ambiente più le strutture ministeriali. Lui aveva come punto di riferimento Gianni Letta e tramite lui arrivava a tutti. Ma per Altero Matteoli il riferimento era Erasmo Cinque». Di entrambi, a processo per corruzione, il manager ha parlato a lungo sulla vicenda dei lavori di Marghera dati alla Socostramo. «Non era pensabile che una società con una quota “da prefisso telefonico” nel Consorzio avesse lavori fuori quota per 300-400 milioni - ha riferito - Mazzacurati diceva che era un meccanismo che veniva dal ministero attraverso Cinque e Baita».
Tomarelli ha infine parlato di Giorgio Orsoni, accusato di finanziamento illecito della campagna elettorale in cui nel 2010 sconfisse l’allora ministro berlusconiano Renato Brunetta e divenne sindaco di Venezia. «Mazzacurati non si fidava di Brunetta, diceva che era imprevedibile, mentre di Orsoni era amico - ha raccontato Quindi puntò su Orsoni, ma non voleva inimicarsi Brunetta e stabilì che i due contributi fossero in apparenza simili. Dunque il resto gliel’ha dato in nero». Di fronte all’obiezione del difensore di Orsoni, Carlo Tremolada, che gli contestava di non averlo mai riferito a verbale, la risposta è stata che «era evidente, era scontato».
In chiusura di udienza il tribunale ha disposto una perizia per verificare lo stato di salute di Mazzacurati. Il suo legale, l’avvocato Giovanni Battista Muscari Tomaioli, aveva prodotto un corposo dossier (l’ultimo documento è dell’8 agosto scorso) per dimostrare che l’ex presidente del Cvn non può viaggiare dalla California, dove vive ora, e comunque non è in grado di testimoniare per un pesante deficit di memoria. «Lo dicano dei medici indipendenti», hanno però auspicato le difese degli imputati, chiedendo anche una visita di persona, non solo sulle carte. E il tribunale ha ammesso la richiesta. E’ probabile che nel quesito, che verrà disposto il prossimo 14 ottobre, ci sarà anche la richiesta di stabilire quando è iniziata la malattia.