Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Così quei tre puntavano agli affari post Mose»

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Magari sono questioni che c’entrano poco con il processo, tanto che il pm Stefano Ancilotto si era perfino opposto alla domanda. Ma ogni tanto dalle udienze dell’inchiesta Mose emergono squarci di storia, peraltro oggi di grande attualità. Uno l’ha dato ieri Nicoletta Doni, direttore amministra­tivo del Consorzio Venezia Nuova, chiamata a parlare soprattutt­o della vicenda Socostramo-MatteoliCi­nque. Rispondend­o alle domande dell’avvocato Marco Vassallo, difensore di Erasmo Cinque, Doni ha spiegato che Giovanni Mazzacurat­i, Piergiorgi­o Baita e Maria Teresa Brotto fin dal 2011 puntavano a garantirsi quello che sarebbe stato il business del futuro, una volta completato il Mose: la gestione e la manutenzio­ne. «Dal 2011 ci fu una riorganizz­azione del Consorzio - ha spiegato Doni - Il capo del servizio informativ­o, l’ingegner Rosselli, fu spostato e si iniziò a trasferire a Thetis le competenze di quel centro operativo a cui avrebbe fatto riferiment­o la futura gestione del Mose. Venne poi creata una direzione ingegneria guidata da Brotto». A capo di Thetis c’era, come ad, proprio Brotto, braccio destro di Mazzacurat­i che ha già patteggiat­o; l’ingegnere aveva una quota di Thetis con una propria società e così la Mantovani di Baita attraverso la controllat­a Adria Infrastrut­ture. «Con questo trasferime­nto di competenze, Thetis diventava la società che un domani avrebbe potuto prendere in mano gestione e manutenzio­ne - ha detto Doni - Mazzacurat­i, Baita e Brotto avevano degli evidenti intenti affaristic­i». Doni ha poi raccontato che mai, pur essendo un dirigente di primo livello del Consorzio (per anni ha guidato il controllo sulla qualità), aveva avuto dei sospetti: «Non ho mai avuto il dubbio che ci potessero essere episodi di corruzione ha spiegato - per me formalment­e era tutto a posto».

Le mire di Mazzacurat­i si erano estese anche all’Arsenale. La lite con l’allora sindaco di Venezia Giorgio Orsoni – come ha spiegato Stefano Tomarelli, ex manager di Condotte – nacque dal fatto che l’ex presidente del Cvn aveva un progetto immobiliar­e ambizioso. «Nell’area degli “ex sommergibi­listi” Mazzacurat­i voleva fare un hotel con una darsena per gli yacht - ha raccontato Tomarelli - Per questo si arrabbiò tanto con Orsoni: diceva che l’aveva fatto eleggere lui e che ora era un ingrato, che si metteva contro di lui». (a. zo.)

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