Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Politici e comitati il fronte veneto che dice no al referendum
Chi sono, cosa dicono. Poggi: «Solo un sondaggione» De Biasi: «Davide contro Golia»
C’è chi dice no. Politici, comitati, studenti: cresce il fronte Veneto dei contrari al referendum sull’autonomia che organizza la campagna per l’astensione. Obiettivo: boicottare il quorum o almeno la partecipazione plebiscitaria. «Siamo come Davide contro Golia», ammettono i comitati.
L’assist l’ha offerto il presidente della Regione Luca Zaia alla vigilia di Ferragosto: «Non basta che vinca il sì — ha detto — se vincesse con un’affluenza del 51-52%, cestinerò il referendum. Non vado a trattare a Roma per sentirmi dire che ad uno su due non importa niente e che è rimasto a casa». Ed è subito personalizzazione, effetto-Renzi o, se si vuole, effetto 4 dicembre: i contrari alla consultazione per l’autonomia hanno afferrato il suggerimento al volo e oggi sono lanciatissimi due comitati («Veneti per l’Astensione» e «Riscossa Civica Veneta Contro il Referendum Farlocco») e fioriscono appelli che invitano gli elettori a stare a casa. Il manifesto politico è quello discusso sabato all’evento Fornaci Rosse a Vicenza tra il segretario del Psi Riccardo Nencini, i consiglieri regionali di Mdp Piero Ruzzante e del Pd Graziano Azzalin, l’europarlamentare Ely Schlein e Stefano Poggi, 26 anni, presidente di Veneti per l’Astensione che in due mesi ha raccolto 347 adesioni.
«Siamo partiti a luglio con un piccolo gruppo di ragazzi – racconta – Ci siamo detti: questo referendum è un’assurdità ed è un’assurdità che nessuno stia facendo niente». «E invece noi siamo tutti vecchi», sorride Enzo De Biasi , dirigente in pensione che venerdì a Treviso ha organizzato Riscossa Civica insieme Lucio De Bortoli, docente ed ex assessore alla cultura di Montebelluna, Ivano Sartor (sindaco di Roncade fino al 2004), l’imprenditore padovano Dino Bertocco, Giovanna Mazzer, ex dipendente camerale. «E siccome siamo stanchi di vedere che la gente non sa, vogliamo trasmettere un po’ di conoscenza alle nuove generazioni». Domenica alle Fornaci gli antagonisti referendari si sono contati nella prima assemblea regionale degli astensionisti. Senza soverchie illusioni («Siamo Davide contro Golia perché c’è una cultura di fondo sballata», allarga le braccia De Biasi) ma con la convinzione che la battaglia va combattuta perché Davide, quella volta, il gigante Golia lo sconfisse.
In barba alla linea del «Sì critico» deciso dal Pd regionale, il fronte conta i deputati dem Margherita Miotto, Alessandro Naccarato e Floriana Casellato che hanno firmato un appello che spiega in quattro punti perché è ben far fallire il referendum non andando a votare; il professore Marcello Degni che con Dino Bertocco ha presentato il ricorso al Tar e al tribunale civile di Venezia per fermare la consultazione - il consigliere regionale Azzalin. «Quel sì critico è inspiegabile e senza senso - sbotta Azzalin – Un modo furbesco per dividere la vittoria del Sì con Zaia che sta facendo una legislatura elettorale e non spartirà la vittoria con nessuno. Peggio: in Pd la Lega alle Feste dell’Unità, addirittura le apre prosceni », esclama. Sabato aCurt arolo il segretario regionale Alessandro Bisato ha dibattuto di referendum e autonomia col segretario della Lega Andrea Ostellari, il 10 settembre a Padova ne discuterà con presidente del Consiglio Regionale Roberto Ciambetti.
A Ferro Fini, tra gli astensionisti anche Piero Ruzzante di Articolo 1 – Mdp e Patrizia Bartelle del M5s. Il direttivo regionale del Partito Socialista sabato ha deciso la linea dell’astensione: «Il referendum coinciderà con la campagna elettorale leghista, ma a spese dei cittadini», dice il segretario Luca Fantò. E più a sinistra si va, più la convinzione astensionista si fa salda: i comitati Possibile (quelli di Pippo Civati) di Veneto e Lombardia sabato a Verona in sala Tommasoli si chiederanno «Ma quale autonomia» con il segretario veneto di Sinistra Italiana Mattia Orlando, con Rifondazione e Viola Nicodano di Campo Progressista (quello di Giuliano Pisapia). Non che in area Lega e venetista non alberghi scetticismo sul quesito: «Abbiamo avuto attestati da venetisti, indipendentisti e leghisti arrabbiati che ci dicono bravi, andate avanti: la possibilità di autonomia c’è dal 2001 e in 16 anni Lega e destra venete non l’hanno mai chiesta e devono smetterla di prenderci in giro», assicura Poggi.
La propaganda per l’astensione ha una motivazione tattica. «Non è un referendum ma un sondaggione e quello che conta è solo l’affluenza – spiega il presidente di Veneti per l’Astensione – E l’unico modo per contestare una spesa inutile di 14 milioni di euro non è votare no (perché noi siamo a favore dell’autonomia) ma stare a casa». Nella peggiore delle ipotesi, una robusta astensione toglierebbe a Zaia la soddisfazione per la vittoria del Sì. Nella migliore, «non permetterebbe di raggiungere il quorum e farebbe fallire il referendum», auspica Naccarato.
Le motivazioni tecniche e politiche sono una miriade, Riscossa Civica le ha «riassunte» in 22 pagine fitte fitte. Riassunto del riassunto, è un referendum “fake” (Bertocco), “farlocco” (Di Biasi) “farsa”. Perché la trattativa col Governo per l’autonomia poteva partire senza consultazione, come ha fatto l’Emilia Romagna; perché il quesito chiama il Sì; perché, soprattutto, ammicca allo statuto speciale (costituzionalmente impossibile) e all’equivoco dell’indipendenza (anche fiscale, altrettanto impossibile). «Nel 2015 la Corte Costituzionale ha bocciato quasi tutti i quesiti referendari proposti dalla Regione – ricorda De Biasi – Per diventare una Repubblica indipendente e sovrana, o a Statuto speciale, o mantenere almeno l’80% dei tributi riscossi nel territorio regionale o che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento della regione non sia soggetto a vincoli di destinazione. Tutti bocciati. Praticamente, il patrimonio ideologico di un partito come la Lega liquidato per via giudiziale grazie a Zaia. Che tiene in scacco la Lega e usa il referendum come abbrivio della prossima campagna elettorale per le politiche».
Autonomia Cresce il fronte astensionista tra comitati e politici