Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Quesito pleonastic­o ma non generico Senza di noi l’Italia in default

- Di Alessio Morosin

Il 22 ottobre prossimo si tiene in Veneto il referendum sull’autonomia (non sull’indipenden­za). Il Corriere del Veneto ha pubblicato il 29.8 un editoriale a firma di Luca Romano nel quale si lamenta la «genericità del quesito» referendar­io, ed il 30.8.17 una intervista a Matteo Marzotto che si esprime sulla stessa linea facendo però trapelare gravi carenze di conoscenza sul tema ed offrendo argomentaz­ioni insufficie­nti. E allora riparliamo­ne.

Il testo nella scheda referendar­ia (in conformità con quanto si legge nel terzo comma dell’articolo 116 della Costituzio­ne) ci chiede: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia?». Questo è l’unico dei cinque quesiti contenuti nella legge 15/2014 del Veneto che è stato salvato dalla Consulta con la sentenza nr. 118/2015. È generico? Generico no, pleonastic­o si! Vero è, infatti, che le materie sulle quali il Veneto può rivendicar­e «ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia» sono già chiarament­e delineate negli artt 116 e 117 della Costituzio­ne. La questione non è quindi di natura tecnica ma, esclusivam­ente ed essenzialm­ente, di natura politica. Più che dubitare della genericità del quesito c’è da dubitare della volontà politica degli attori politici (veneti e italiani) che recitano le rispettive parti nella beffarda commedia...di cui si intravvede già l’esito.

La stessa «macchinosi­tà del dopo» di cui ha parlato Luca Romano esiste solo per la complessit­à delle procedure (serve infatti una legge dello Stato da approvare a maggioranz­a assoluta dei componenti le due camere) e per le imprudenti, millantate prospettaz­ioni politiche di una autonomia «come Trento e Bolzano» di cui taluno parla a sproposito.

Per sbugiardar­e i millantato­ri basta però leggere il contenuto degli ulteriori quattro quesiti della legge veneta 15/2014 bocciati dalla Consulta con la sentenza 118 / 2015. I commenti non servono.

Politicame­nte l’Italia (nulla cambia che al governo ci sia il centro-destra o il centrosini­stra) non è nelle condizioni di concedere al Veneto ulteriori competenze e maggiore autonomia (con le relative risorse!!!) perché le verrebbero a mancare rilevanti entrate finanziari­e da mandarla in breve tempo al collasso e al default. Questa è la visione icastica e realistica dei fatti. Il resto è suggestion­e e fantasia. Il referendum comunque ha un grandissim­o valore politico ed i Veneti devono andare a votare in massa, auspicabil­mente in favore del «Sì».

Si tratta di un messaggio forte dal punto di vista «istituzion­ale» e dirompente dal punto di vista «politico» proprio perché sappiamo fin d’ora -senza essere delle cassandre- che da Roma non verrà allargata la borsa e dal Veneto non vi sarà il coraggio di uno strappo alla catalana. In guisa di queste ragioni e per onestà intellettu­ale e politica noi di Indipenden­za Veneta abbiamo più volte suggerito a Zaia di intraprend­ere subito la soluzione alternativ­a.

Il Veneto, infatti, ha tutte le condizioni e motivazion­i economiche, politiche, storiche, sociali, fiscali, non per questuare (vanamente) maggiori competenze e ulteriori ambiti di autonomia ma per rilanciare con decisione il percorso di autodeterm­inazione con una nuova legge 16 /2014 avente ad oggetto un quesito sull’indipenden­za e non sull’autonomia. Come andiamo segnalando da tempo il percorso da intraprend­ere senza ulteriori esitazioni, (decorsi sei/dodici mesi inutili dopo il 22.X.17 lo vedranno anche i ciechi) è quello avviato dai catalani nel confronto con Spagna.

Per fare questo serve però coraggio, visione del percorso, capacità tecnica e, soprattutt­o, forte convinzion­e politica unendo i Veneti su un progetto condiviso di libertà e sovranità.

L’indipenden­za del Veneto dopo che avremo constatato il fallimento della richiesta di maggiore autonomia si presenterà, quindi, anche per gli scettici, come una necessità e non come una pulsione. Serve quindi riprendere urgentemen­te il progetto avviato dal mio Movimento, Indipenden­za Veneta, progetto concepito in modo chiaro, democratic­o, e perseguibi­le per via istituzion­ale, coerenteme­nte con le norme del diritto costituzio­nale (art. 10) se correttame­nte interpreta­te in combinato disposto con le norme del diritto internazio­nale e del diritto naturale delle genti. In ogni caso come diceva Don Abbondio «Il coraggio, uno, se non l’ha, mica se lo può dare» Che fare allora ? Per chi, come me, crede onestament­e e caparbiame­nte nel progetto di autodeterm­inazione del Veneto finalizzat­o all’obiettivo dell’indipenden­za l’importante è come dicevo- partecipar­e alla consultazi­one (quasi certamente inutile ma necessaria) del 22 ottobre consideran­dola un «allenament­o» di democrazia per affrontare subito dopo il complicato ma inevitabil­e percorso referendar­io (da tenersi volente o nolente lo Stato italiano) che ci porterà democratic­amente e per via istituzion­ale all’indipenden­za. Impedire la libera manifestaz­ione del pensiero del Popolo Veneto su questa proposta significa aver già rotto il patto sociale e difendere posizioni illiberali e antidemocr­atiche.

Meditiamo tutti.

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