Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
RIPRESA, PARADOSSO NORDEST
Idati dell’ultimo report di Veneto Lavoro appaiono come una sorta di certificato ufficiale. Finalmente si volta pagina, anche sul piano occupazionale, l’autentico banco di prova per misurare la forza della ripresa. Dopo nove anni, sono stati recuperati i livelli ante-crisi: a giugno di quest’anno si registrano 27 mila posti in più rispetto allo stesso mese del 2008. Con Verona e Venezia a tirare il gruppo. E attenzione: se i servizi (in primo luogo il turismo) sono in forte crescita, l’agroalimentare, la meccanica e persino il mobile-arredo lanciano segnali di grande vitalità. Ottimo. Perché il ritorno del lavoro è l’ultimo di una serie di indicatori positivi per il Nordest: il Pil in crescita dell’1,4 per cento (previsione probabilmente da rivedere al rialzo), produzione industriale a più 2,6, cassa integrazione abbattuta rispetto a due o tre anni fa. Tutto bene, dunque? La realtà è molto più sfaccettata. Dietro alle luci, piaccia o no, si nascondono una serie di ombre. Che riguardano la qualità del lavoro, vecchio e nuovo, e, soprattutto, i giovani. La stessa Veneto Lavoro sottolinea che i contratti a termine, nella prima metà del 2017, sono aumentati del 22 per cento, il lavoro somministrato segna più 26 per cento, l’apprendistato più 28. I tirocini under 30, inoltre, sono passati dai 12.931 del 2008 ai 30.275 del 2016, il 77,6 del totale di quelli attivati. Tradotto, il precariato avanza. L’effetto della decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato è completamente scemato.
Egià si è scatenato il dibattito sulle future agevolazioni, proprio riservate ai giovani, che il governo sta mettendo a punto. Sullo sfondo aleggia sempre il rischio di un effetto temporaneo, qualcuno dice addirittura distorcente. Poi c’è il problema dei problemi: le basse retribuzioni. La vera causa, secondo i sindacati, Cgil in testa, che tiene lontani i giovani dal mondo della fabbrica. Hai voglia a dire che le paghe sono previste dai contratti di lavoro. È certamente così. Ma è altrettanto evidente che con stage e tirocini a 400 euro al mese i ragazzi scappino. Spesso e volentieri all’estero (dal Veneto, 15 mila ogni anno, secondo la Fondazione Migrantes). Del resto, a indicare la portata dell’emergenza giovani bastano gli allarmi lanciati da Banca d’Italia e Istat sulle discrepanze di reddito che si allargano tra padri e figli. Oppure dall’Inps, sulle pensioni talmente basse da collocare un’intera generazione, fra una trentina d’anni, al di sotto della soglia di povertà. Il risultato, in Veneto, è paradossale: adesso che il lavoro comincia a esserci, le imprese non riescono a trovare le professionalità di cui hanno bisogno. I giovani, in particolare, si tengono alla larga dagli annunci. Certo, molto c’è da rivedere nella formazione. Ma anche il sistema delle imprese è chiamato a un salto di qualità: oggi come non mai è il momento di investire davvero sul capitale umano. Che poi significa una cosa sola: investire sui giovani.