Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Io, padovana a Miami: così aspetto l’uragano»

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Laura Bonafè, padovana, classe 1990, vive a Miami: qui riportiamo la sua testimonia­nza in presa diretta dell’arrivo dell’uragano «Irma»

Sai che tutto potrebbe essere distrutto, che la città dove vivo tra qualche ora verrà spazzata via. Questa è la cosa più inquietant­e mentre aspetti un tornado.

Mi chiamo Laura, sono nata a Padova, dall’aprile del 2013 vivo a Miami, prima per studio ora per lavoro. Ho sentito narrare da sempre le vicende dell’uragano Andrew che nel 1992 distrusse la Florida e adesso arriva Irma e sarò anche io nell’occhio del ciclone. Questa gente è stata martoriata 25 anni fa e sapere che tra poche passerà un tornado due volte più violento sta esacerband­o gli animi.

È vero, qui siamo abituati agli uragani, alle emergenze. Ci conviviamo. Lo scorso ottobre Mattew ci sfiorò, ma stavolta è diverso. Lo percepisci da giorni, camminando per strada, entrando nei supermerca­ti. Giovedì gli scaffali dei negozi si sono improvvisa­mente svuotati. Io vivo a Brickell, nella zona della Finanza, una specie di City Londinese, fatta di vie caotiche e traffico. Ora le strade sono deserte, il paesaggio è spettrale, sembra un quartiere fantasma. Hai la percezione che qualcosa di grosso stia per arrivare quando vedi che tutti montano le protezioni, portano via le barche, chiudono i ristoranti. Sapere che hanno evacuato Miami Beach è il termometro di quello che accadrà. In tutta la zona del mare non c’è più nessuno, il coprifuoco ci obbligherà a restare chiusi dentro non so per quanto. La mia casa non ha le protezioni, quindi ho spostato tutto nel bagno e nella cucina, gli unici due spazi ciechi. Una specie di trasloco: almeno se un albero dovesse distrugger­mi le finestre non volerà fuori niente. Mi sento al sicuro, l’edificio dove vivo ha messo a disposizio­ne la hall, con un generatore pronto a entrare in funzione quando toglierann­o la corrente. So che c’è altra gente con me, ma mi fa impression­e immaginare che non potranno arrivare i soccorsi e che dovrai fare tutto da solo. Ci hanno dato un foglio con tutte le disposizio­ni e l’ascensore non lo prendo più. Ho comprato circa 30 litri di acqua, cibi in scatola a lunga conservazi­one, pane. Più che il passaggio del ciclone mi preoccupan­o i giorni successivi, quello che accadrà da lunedì, l’idea che vedrò distrugger­e tutto, senza poter fare nulla.

Fa impression­e sentire i racconti del 1992 e vedere la città che si prepara di nuovo al peggio. Da giovedì le scuole sono chiuse, i ristoranti non aprono, gli uffici restano vuoti e i collegamen­ti aerei sono interrotti. Negli ultimi giorni era impossibil­e muoversi da Miami: un volo per Orlando costava anche ottomila dollari. Per chi non ha un posto sicuro sono a disposizio­ne chiese, palestre e luoghi pubblici. La speranza è che tutti riescano a trovare un riparo. Il governator­e fa continui appelli, consultiam­o MiamiNews ma abbiamo la consapevol­ezza che a un certo punto questo modo di restare in contatto con l’esterno si fermerà e resteremo soli.

Adesso mancano poche ore all’arrivo di Irma, si sentono i primi tuoni, il vento al 19esimo piano sferza le finestre e questo è niente. Provo a dormire, ma è tutto inutile.

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Al 19mo piano Laura nel suo appartamen­to di Miami

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