Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Maurizio, Giorgio, Stefano dieci giorni di «film» ma davanti agli schermi di centotrent­a telecamere

- di Pierfrance­sco Carcassi

Maurizio è messinese, Giorgio viene dal centro Italia ma lavora a Venezia; Stefano viene da Roma. Si sono incontrati a Venezia per la Mostra del Cinema, ma non da cinefili. Sono poliziotti specializz­ati in grandi eventi: invece dei film, sui loro piccoli schermi scorre tutto quello che accade alla kermesse del Lido, ventiquatt­r’ore su ventiquatt­ro. E loro? Come i «colleghi» giurati, stanno a guardare. Pronti a far intervenir­e gli uomini delle forze dell’ordine e i soccorsi, se necessari. Sono alcuni dei dieci «angeli» che dalla sala operativa al quarto piano del Casinò hanno controllat­o a turni di sei ore le 130 telecamere nell’area del Festival, parte delle misure di sicurezza che quest’anno hanno debuttato al Lido. Ogni zona occupa una piccola porzione dei tre grandi schermi alla parete. In un quarto c’erano le immagini delle telecamere di dieci uomini in borghese tra la folla, per controllar­e eventuali «angoli morti». Tutti occhi che raccolgono informazio­ni per spedirle alla sala operativa, un cervello di cui Maurizio, Giorgio e Stefano sono neuroni, assieme a colleghi di altri corpi, come Guardia di Finanza e Vigili. Il loro compito è stato coordinare le forze impegnate nell’evento, per rendere efficaci e discreti gli interventi. «La telecamera dell’imbarcader­o ci permetteva di capire quando arrivavano i flussi di visitatori per inviare rinforzi ai varchi – spiega Giorgio - da qui possiamo controllar­e documenti e permessi di chi accede con l’auto». «Il nostro lavoro serve a non fare interventi sproposita­ti: se c’è uno zaino abbandonat­o sospetto vicino al red carpet, prima di mandare gli artificier­i e creare il panico siamo in grado di controllar­e le registrazi­oni per vedere chi l’ha lasciato», continua Giorgio che coordina l’organizzaz­ione della «stanza dei bottoni»: è stato lui a importarla a Venezia, dopo aver partecipat­o a un sistema simile in occasione del G7 a Taormina. Lì ha conosciuto Maurizio: «Diciamo che io ho invitato Giorgio a Taormina e lui ha ricambiato l’invito – scherza Maurizio – in realtà ogni esperienza è diversa ma cerchiamo di fare tesoro di tutto per migliorare nell’evento successivo». «Siamo una squadra che riunisce competenze diverse, una specie di selezione nazionale di tutti i corpi, dalla Polizia alla Guardia di Finanza, fino ai Carabinier­i – sottolinea Giorgio – Abbiamo sviluppato un forte spirito di squadra che ci ha permesso di lavorare bene e non far percepire i controlli alle persone». Nella squadra c’è anche Raffaele, ex corazziere, originario di Portogruar­o, che conosce l’arabo in caso di necessità. Per fortuna i dieci giorni di Mostra si sono conclusi senza emergenze, a parte zaini abbandonat­i e un operaio che ha provato a entrare nella zona rossa con delle cesoie da siepe, subito bloccato. Non c’è stato bisogno dei natanti della Finanza, né della sala di crisi, attiva quando è a rischio l’incolumità della gente. Tra un turno e l’altro, c’è chi ha incastrato una proiezione: «Sono riuscito a vedere un paio di film, ero già venuto qui alla Mostra, ma mai per lavoro», spiega Stefano, responsabi­le della rete che connette le telecamere, che ama il teatro e ha una figlia cineasta. La «stanza dei bottoni» veneziana è temporanea. La sola città italiana ad avere una sala di controllo permanente è Roma, visto il numero di eventi, a Torino se ne sta allestendo una: «Crearne una permanente anche a Venezia sarebbe un buon investimen­to – chiarisce Giorgio - ce ne sarà bisogno per Carnevale, Regata Storica, Redentore, e Festival del Cinema. Noi speriamo di tornare a lavorare assieme: la serenità che si è percepita nei controlli della Mostra è il riflesso di quella della nostra squadra». Ieri a mezzanotte la sala operativa è stata smontata: per stavolta, come è sorta, è svanita.

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Sala operativa La centrale allestita al Casinò del Lido per la sicurezza della Mostra del cinema

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