Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Quel giorno Bruno mi disse: prepara il discorso»
«Ha lottato fino alla fine, con la stessa forza con cui ha sempre vissuto, ma qualche mese fa si è reso conto che non poteva vincere quella battaglia, mi ha preso la mano che gli tenevo sulla spalla e mi ha detto: ormai ci siamo, prepara il discorso». Nelle parole di Luciano De Gaspari, amico di sempre, Bruno Filippini è ancora una presenza sicura e decisa, che neppure la morte ha saputo sorprendere. Ieri mattina in centinaia si sono stretti a Ca’ Foscari per salutare un’ultima volta l’ex assessore e figura importante della lotta sindacale. A ricordarlo, oltre ai famigliari e sindacalisti, un piccolo esercito di amici, conoscenti e personalità istituzionali, da riempire, oltre all’androne del municipio, anche la fondamenta di riva del Carbon. «Bruno ha fatto la storia, si è trovato impegnato in ruoli difficili e complicati, in momenti fondamentali — ha detto Sergio Cofferati, con la voce a tratti rotta dalla commozione — Dobbiamo ricordare che gli anni in cui ha rappresentato la classe operaia erano gli anni delle Brigate Rosse, e se in Italia abbiamo saputo sconfiggere il terrorismo è stato proprio grazie a figure come quella di Bruno, che non hanno mai voluto cedere al ricatto e alle minacce, pur restando fedeli ai loro valori». L’addio di Massimo Cacciari è stato invece affidato a una lettera: «A Bruno mi legava un sentimento di amicizia, ma anche qualcosa di più solido, qualcosa che riguardava tutti quelli che, come noi, riconoscevano l’importanza di una libera associazione. Il potere, senza un contraltare, diviene per forza autoreferenziale — rincara Cacciari —ma chi ha vissuto l’etica di autentiche associazioni, quella in cui Bruno è nato ed è cresciuto, sarà sempre, come lo era lui, uno spirito in qualche misura anarchico, insofferente ad ogni padrone, ma ancor più ad ogni gregge». L’ultimo saluto l’alzaremi degli amici regatanti.