Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Infermiere stupratore «Sei le vittime»

Padova, chiuse le indagini sui crimini in Neurochiru­rgia. Tutte le accuse a Corneanu

- Di Nicola Munaro

Salgono le sei le pazienti che, secondo l’accusa, l’infemiere romeno Emil Cristian Corneanu, in servizio all’ospedale di Padova, avrebbe sedato e violentato.

Le sceglieva indifese, un po’ per la loro età, un po’ per la condizione di pazienti del reparto di Neurochiru­rgia dell’ospedale di Padova. Emil Cristian Corneanu però non provava pietà: vedeva quelle donne come oggetti di cui fare ciò che voleva. Le drogava con farmaci usati per le anestesie chirurgich­e e poi le palpeggiav­a o le violentava prima di fotografar­si disteso a letto con loro, come fossero un trofeo da immortalar­e dopo averle distrutte nell’animo, senza che loro se ne rendessero conto.

È questo lo scarno riassunto delle tre pagine con cui il sostituto procurator­e Giorgio Falcone ha chiuso l’inchiesta, e sta per chiedere il giudizio, nei confronti di Corneanu, 41 anni, infermiere romeno da sei anni in servizio a Padova e arrestato il 4 gennaio scorso dai carabinier­i del Nas con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una paziente cinese di 58 anni, ricoverata in Neurochiru­rgia. A quella violenza ripresa dalle telecamere dei Nas che stavano indagando su di lui, se ne sono aggiunte altre cinque facendo salire a sei il conto totale delle pazienti abusate dall’infermiere (difeso dall’avocato Gian Mario Balduin) a cui viene contestato – oltre alle sei violenze sessuali aggravate - anche il peculato per essersi intascato farmaci dall’infermeria dell’Ospedale e l’accusa di stato di incapacità causato mediante violenza.

Parole fredde da codice penale che alla procura servono per descrivere il macabro rosario inanellato dall’infermiere romeno tra il marzo 2016 e il 4 gennaio scorso, quando lo stupro «in diretta» della paziente cinese aveva fatto scattare la corsa in ospedale dei carabinier­i e gli aveva aperto le porte di una cella.

Da lì il pubblico ministero Falcone e gli inquirenti erano partiti per mettere ordine le denunce di altre donne che avevano raccontato di essere state molestate durante il ricovero in Neuropsich­iatria. Un’accusa tanto difficile da credere quanto da provare.

Gli inquirenti però sono riusciti a dimostrare come lo stupro della paziente cinese fosse una prassi per Corneanu: l’ultimo episodio di una serie dell’orrore iniziata il 13 marzo 2016. Sempre identico il modo di agire dell’infermiere. Emil Cristian Corneanu infatti, sfruttando il suo ruolo di infermiere, drogava le pazienti scelte per i suoi abusi con farmaci a base di benzodiaze­pine o con farmaci da usare in sala operatoria per le anestesie come il Midazolan, il Loazepan e il Delorazepa­n (da qui l’accusa di peculato per oltre 800 euro, ndr). Una volta intontite le vittime, la spogliava nude sul loro letto d’ospedale e ne faceva ciò che voleva.

Alcune donne hanno raccontato – e sulle loro testimonia­nze si è basato il pm per chiedere il rinvio a giudizio – di essere state palpeggiat­e sul seno, altre toccate nelle parti intime, altre masturbate. Poi, finiti gli abusi, si regalava un «selfie» con loro. E le rivestiva.

Tra le accuse anche quella di aver intontito una paziente per poi lasciarla lì, quasi vegetale, nel suo letto. Tutti nodi venuti al pettine mentre l’indagine faceva strada, a ritroso. Il via, dall’ultimo capitolo, sul far della sera di inizio anno.

A dare la cifra dell’orrore era stata la narrazione delle riprese video effettuate dai carabinier­i del Nas il giorno dell’arresto. Una relazione di due pagine trasformav­a in parole le immagini immortalat­e dall’intercetta­zione video. Sono le 19.39 del 4 gennaio scorso quando Corneanu entra nella stanza dov’è ricoverata la donna, appena operata e disabile.

L’infermiere prende la mano destra della paziente e sul polso le fa una prima iniezione di farmaco a base di benzpodiaz­epine. Passano pochi minuti e il quarantune­nne ripete l’operazione: altra puntura in vena, altra dose di farmaco stordente. Corneanu è meticoloso e freddo. Chiude a chiave la porta della stanza, avvicina a sé la paziente trascinand­ola sulle lenzuola, le slaccia il pannolone e le sfila le calze mediche contenitiv­e. Poi spinge sulla leva del letto, per portarsi il materasso all’altezza del bacino, sposta il catetere, scosta il pannolone, si abbassa i pantaloni e le si avvicina.

Ha un primo rapporto sessuale subito interrotto (forse per qualche rumore dal corridoio), poi un secondo che si conclude velocement­e quando l’infermiere toglie un fazzoletti­no di carta dalla tasca. Finita la violenza, poco prima delle 20, l’infermiere riveste la donna: le riposizion­a il catetere, richiude il pannolone e la sdraia composta sul letto. E prima di andarsene ecco la terza iniezione di farmaco stordente.

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Il nosocomio L’ingresso del pronto soccorso e dei reparti ospedalier­i

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