Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Task force per far funzionare il Mose Pioggia e vento, studi sulle chiusure

Tavolo Provvedito­rato-Porto. Linetti: oltre ai 110 centimetri altri fattori da valutare

- Alberto Zorzi

C’è la marea astronomic­a, che è la base e che ha una capacità di previsione molto precisa, quasi al millimetro. Ma poi ci sono la pioggia, il vento (la Bora, soprattutt­o), la portata dei fiumi: insomma quella che viene definita marea meteorolog­ica, cioè l’apporto dato dalle condizioni del momento, per definizion­e molto variabili. Che è la parte meno prevedibil­e, su cui è più difficile avere certezze, e che spesso in questi anni ha portato ad allarmi rientrati o, al contrario, a sottostime per eventi poi rivelatisi più dannosi. E’ per questo che ora che si avvicina l’avvio del Mose – che secondo il cronoprogr­amma fino a oggi confermato dovrebbe essere consegnato il 31 dicembre 2018 e da lì in poi dovrebbe alzarsi per difendere la città dall’acqua alta – su quella quota di 110 centimetri, che fin dall’avvio dei lavori del sistema di dighe mobili è stata una delle «stelle polari» dell’opera si sta iniziando ad aprire un dibattito. Perché il provvedito­re alle opere pubbliche Roberto Linetti si è reso conto che fissare solo una quota numerica e dire che quando le previsioni di marea siano uguali o superiori a detta quota il Mose si alza è un po’ riduttivo. E il vento c’è o non c’è? E i fiumi? La pioggia? «Questo non significa mettere in discussion­e la quota dei 110 centimetri, che resta - precisa però Linetti - ma tenere conto di un insieme di fattori che è più ampio e complesso».

Anche di questo si è parlato ieri pomeriggio nel primo incontro di una serie che vedranno allo stesso tavolo il Provvedito­rato interregio­nale, che è il committent­e del Mose, e l’Autorità portuale di sistema dell’Alto Adriatico. Entrambe articolazi­oni dello stesso pezzo dello Stato, il ministero delle Infrastrut­ture, ma che sul tema delle dighe hanno approcci diversi: mentre per il primo la scelta di alzare o abbassare le paratoie è tecnica e neutrale, per il secondo da essa dipendono questioni rilevanti dal punto di vista operativo ed economico. Da quando infatti il Mose inizierà ad alzarsi, quello di Venezia diventerà un porto cosiddetto «regolato»: le navi in arrivo si potranno trovare di fronte una «muraglia» gialla, cioè le paratoie sollevate, e la soluzione stabilita è la «famigerata» conca di navigazion­e di Malamocco, su cui però c’è un dibattito aperto. Linetti da un lato conferma che l’opera è stata costruita come da progetto per far transitare navi fino a 280 metri di lunghezza (e lo hanno ribadito i tecnici belgi interpella­ti sul tema), il presidente del Porto Pino Musolino replica che a loro servirebbe­ro 330 metri e i piloti lamentano difficoltà di manovrabil­ità dovute all’allineamen­to dell’entrata.

Da un lato quindi Linetti ha spiegato che la gestione del Mose non sarà una cosa semplice e che il grande «cervellone» che dovrà farlo terrà conto di un’elevata quantità di variabili. Musolino ha replicato con le esigenze del suo ente e nei prossimi giorni fornirà dati su navi e movimenti, che verranno inseriti per le simulazion­i. «L’Autorità portuale parteciper­à in maniera fattiva alla creazione dei modelli di gestione e all’avviamento dell’opera», assicura Linetti, spegnendo un po’ la polemica che si era aperta dopo che lui stesso aveva scritto al governo ipotizzand­o un soggetto pubblico gestore del Mose guidato dallo Stato, dalla Regione e dalla Città metropolit­ana, ma non dal Porto. Il risultato di questo lavoro, che proseguirà con numerosi altri tavoli tecnici, porterà a stabilire dei veri e propri protocolli sul movimento delle paratoie, per capire che cosa succederà quando queste si alzano o si abbassano: tutto sarà definito nel dettaglio, con criteri oggettivi su cui nessuno possa avere da discutere.

Esigenze Musolino ha spiegato le esigenze del Porto

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