Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Baretta: «Venete, il 15 novembre i crediti a Sga: non li gestirà Intesa»
Il sottosegretario: «Al lavoro con un pool di banche». Messina oggi in Veneto
Ex popolari, i crediti deteriorati e in sofferenza passeranno alla Sga il 15 novembre. Che avrà l’obiettivo, saltata l’idea di dotarla di una sua licenza bancaria, di farli gestire da un pool di banche in appoggio. Il quadro della decisiva partita del credito in difficoltà lo ha delineato sabato a Castelfranco il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, all’incontro con gli ex soci dell’Associazione soci popolari venete. Lì sono arrivate indicazioni anche sulle tappe dei crediti che Intesa non ha assunto con il decreto del 25 giugno. Crediti la cui precisa individuazione è affidata alla due diligence tra le gestioni delle due banche in liquidazione e Intesa, che sta compiendo Deloitte.
«Il termine di scadenza della verifica, e del passaggio dei crediti dalle Liquidazioni alla Sga è il 15 novembre», ha affermato Baretta, che ha definitivamente cassato l’idea di dotare la Sga, la società del Tesoro che aveva gestito la liquidazione dell’ex Banco Napoli, di una licenza bancaria: «Ci vorrebbe troppo tempo». Senza contare i problemi, con una banca, che deriverebbero nei controlli di Bce o ancora una volta nei rischi di ricadere negli aiuti di Stato. La soluzione individuata è dunque un’altra: «Sga deve affidarsi a un pool di operatori bancari che gestiscano i crediti, sotto la responsabilità che resterà in capo a Sga. Questo perché vogliamo mantenere la capacità di distinguere le situazioni problematiche da quelle che si possono far tornare in bonis. Non vogliamo gestioni speculative e confermiamo l’obiettivo del recupero del 90%, come scritto nel decreto». Dunque niente cessione dei crediti con le cartolarizzazioni. Mentre sul fronte gestione c’è un altro elemento chiaro: «Sga non può avere un unico partner a cui affidarsi - ha detto Baretta -. Fuori di metafora, non potrà essere Intesa Sanpaolo a gestire questi crediti». Una situazione di conflitto di interesse - che tocca nello specifico i crediti deteriorati, i fidi cioé non ancora revocati, al contrario delle sofferenze - che il Tesoro mostra di voler tener in conto. Oltre al fatto che Baretta ha chiamato in causa anche Intesa sul fronte della creazione di un fondo per il ristoro dei soci truffati: «Alimentato non dallo Stato, ma dal sistema bancario. In quest’ottica, anche Banca Intesa dovrà sentirsi impegnata». Con altre due sottolineature: l’impegno che le due sedi storiche delle banche - Palazzo Thiene a Vicenza e la sede di piazza dell’Armi a Montebelluna - siano tolte dalla liquidazione e restituite alle città; il secondo tema riguarda il rischio che i risarcimenti pagati dalle due banche ai soci in primavera vengano chiesti indietro: «Confermo l’intenzione di escludere le revocatorie».
Si vedrà come queste chiamate in causa verranno accolte oggi dall’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, che arriva in Veneto, dove incontrerà imprenditori e istituzioni, a metà del percorso di integrazione della rete di Bpvi e Veneto Banca.
Resta che la gestione dei crediti deteriorati appoggiati su partner bancari rischia di rivelarsi operativamente complicata. Il diavolo si nasconde nei particolari operativi. Per dire: nel caso di un fido ad un’impresa, in cui la banca d’appoggio debba mettere nuovi soldi, anche ammesso che una garanzia dello Stato risolva il problema, chi avrà la responsabilità del controllo l’operatività, come ad esempio ammettere o meno i pagamenti? E ancora: qual è, e chi la stabilisce, la commissione per i servizi della banca d’appoggio, tema di cui il decreto non ha tenuto conto, ad iniziare da quanto questo inciderà sulle previsioni di recupero dei crediti? Ma ancora: se nel corso della gestione, il credito deteriorato si trasforma in sofferenza, che ne risponde? Anche la banca d’appoggio? Questioni che lasciano vedere più oneri che onori. Lasciando aperta la domanda se poi gestioni simili troveranno gli interessati a farsene carico.