Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Meriem, il pm chiede la condanna a cinque anni
«Meriem sapeva bene quello che andava a fare, aspirava a morire per lo Stato islamico. Avrebbe potuto compiere atti terroristici dopo essere stata reclutata: la storia ha dimostrato che spesso i giovani jihadisti sono i più pericolosi, perché l’Isis sfrutta la loro ingenuità e il disagio sociale». Per il pm Francesca Crupi non ci sono dubbi: Meriem Rehaily, 22enne di origine marocchina che viveva ad Arzegrande (Padova), nel luglio 2015 è andata in Siria per arruolarsi e combattere con l’Isis. Per questo il magistrato ha chiesto la condanna a una pena di 5 anni per arruolamento con finalità di terrorismo.
L’accusa ha ricostruito passo per passo la vicenda ella giovane, partita il 14 luglio 2015 con un volo da Bologna per Istanbul, acquistato in un’agenzia di viaggio con i soldi rubati alla Postepay della mamma, fingendo di voler andare a trovare la cugina. E prima di partire avrebbe acquistato, secondo quanto dice il «manuale» dell’Isis, «cuffie e occhiali da sole», come testimoniato dal giovane che si era visto con lei proprio all’aeroporto Marconi, dopo che da qualche tempo chattavano online. A Istanbul, con il telefono di un’altra ragazza conosciuta in aereo, aveva chiamato un numero di reclutamento dell’Isis e poi, come aveva riferito sia ai genitori che all’amica del cuore, si era spostata a Raqqa, in una comunità di sole donne dove indossava il niqab (velo integrale) e badava ai bambini, più volte sentiti in sottofondo durante le telefonate. D’altra parte Meriem era già sotto indagine della procura di Roma, che l’aveva intercettata come «sorella Rim» sul web, dove aveva fatto circolare dei documenti propagandistici tradotti da lei in italiano. Il pm si è soffermato anche sul percorso di radicalizzazione della ragazza, confermato dalle indagini tecniche sul suo computer e sui profili Twitter, Whatsapp e Skype, ma emerso già dai temi in cui parlava del martirio e della vittoria della jihad, tanto da allarmare la preside. Ieri la sua professoressa di italiano, l’ultima testimone, ha detto che era una ragazza intelligente, ma incostante a scuola e dal punto di vista caratteriale. Il pm ha ritenuto di non contestarle l’adesione vera e propria all’Isis, un reato che sarebbe più grave: «Manca un suo ruolo funzionale e anzi poi si pente e vorrebbe tornare a casa», ha concluso. L’avvocato Andrea Niero, che ha sempre detto che non c’è prova dell’arruolamento di Meriem, parlerà il 28 novembre, mentre il giudice Claudia Ardita leggerà la sentenza il 12 dicembre. (a. zo.)