Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sappada passa al Friuli, effetto valanga

Voto storico: primo comune a lasciare il Veneto. Scontro a Nordest, Zaia: la cura è l’autonomia. Serracchia­ni: un ritorno

- VENEZIA Bonet

la Camera ha approvato ieri la legge che consentirà a Sappada di abbandonar­e «l’ordinario Veneto» per accasarsi nello «speciale» Friuli Venezia Giulia. Scontro tra Regioni. Luca Zaia: «La cura è l’autonomia, non le amputazion­i». Debora Serracchia­ni: «É un ritorno». Dal Friuli hanno infatti accolto come una vittoria l’arrivo di Sappada. «Mandi Sapade!». Ma ora si innesca un effetto catena per tutti gli altri comuni veneti, una ventina, in lista per andarsene. Il parlamenta­re bellunese del Pd, Roger De Menech: «Una polveriera pronta ad esplodere».

Con 257 voti a favore (arrivati da tutto l’arco parlamenta­re, dal Pd alla Lega passando per il M5s), appena 20 contrari (tra cui quelli di molti deputati veneti) e 74 astenuti (Forza Italia, Mdp, Direzione Italia), la Camera ha approvato ieri la legge che consentirà a Sappada, il Comune bellunese in cui nasce il Piave, di abbandonar­e «l’ordinario Veneto» per accasarsi nello «speciale» Friuli Venezia Giulia. È la prima volta che accade nella Storia d’Italia.

Certo mancano la firma del Presidente Sergio Mattarella, la promulgazi­one e la pubblicazi­one, i decreti attuativi, ma il via libera di ieri a Montecitor­io, dopo quello dato a settembre dal Senato, può dirsi ugualmente l’atto finale del percorso lungo e tortuoso iniziato nel luglio del 2007 all’ombra del Peralba. Sarà anche l’atto iniziale della Grande Fuga dal Veneto? In molti lo temono e non soltanto il governator­e Luca Zaia, nell’ultimo mese in bilico tra il ferreo rispetto della volontà popolare, cristalliz­zata nel referendum celebrato dal piccolo Comune montano nel 2008 (troppe le analogie con quello del 22 ottobre scorso) e il rischio di vedere la sua Regione smembrata pezzo a pezzo (il deputato dem Roger De Menech, bellunese, parla della sua provincia come di una «polveriera pronta ad esplodere»); anche in Trentino Alto Adige c’è chi teme che Sappada possa costituire un «pericoloso precedente», specie perché il passaggio è stato consentito con l’iter semplifica­to della legge ordinaria e non con quello gravoso della legge costituzio­nale, «arma finale» a cui da sempre ricorrono le Regioni a statuto speciale per bloccare i tentativi di trasbordo dei Comuni sgraditi (motivo per cui, ad esempio, l’ex presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai, oggi deputato centrista, ha preferito astenersi).

In un clima fortemente influenzat­o dalle elezioni alle porte (la presidente uscente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchia­ni, è membro della segreteria nazionale del Pd; il capogruppo della Lega alla Camera, Massimilia­no Fedriga, è tra i candidati alla sua succession­e) e complice un’opposizion­e tardiva da parte della Regione (che disse sì nel 2012 e dopo dieci anni di tira-e-molla nei Palazzi solo nell’ultimo mese ha rivendicat­o il diritto di esprimersi), a nulla sono valsi i tentativi dei deputati veneti Domenico Menorello, Alessandro Naccarato, Roger De Menech e Simonetta Rubinato di fermare l’iter in extremis, prima con una questione sospensiva, poi con articoli aggiuntivi, infine con alcuni emendament­i finiti tutti inevitabil­mente respinti dall’Aula. Tre, in particolar­e, i profili evidenziat­i: il fatto che, come detto, non si sia proceduti con legge costituzio­nale, pur dovendosi nella sostanza modificare uno statuto che ha tale rango; il fatto che non sia stato atteso il parere formale della Regione, limitandos­i ad acquisire un mero atto politico qual è la mozione del 2012; il fatto che si sia scelto di far proseguire l’iter di Sappada mentre tutti gli altri Comuni, che avevano fatto identica richiesta di lasciare il Veneto e avevano celebrato il loro referendum, sono stati fermati. Argomenti che sono alla base della richiesta rivolta dal forzista Renato Brunetta a Mattarella, dopo «la brutta pagina di parlamento a cui abbiamo assistito», di «difendere la Costituzio­ne e non firmare la legge, rimandando­la alle Camere». Tra i dem De Menech, che si è visto bocciare la proposta di istituire un fondo per i Comuni confinanti col Friuli simile a quello già esistente per i confinanti con Trento e Bolzano, scuote la testa: «La montagna è vittima di una politica debole e senza coraggio, intanto sabato prossimo si terranno le celebrazio­ni dei 10 anni del referendum della Ladinia a cui parteciper­à l’ex presidente della Provincia di Bolzano Durnwalder. Non credo serva aggiungere altro». Naccarato avverte: «Si sta stravolgen­do l’assetto istituzion­ale del Paese», mentre Menorello allarma tutti: «Sta esplodendo la questione veneta».

Tant’è, il deputato di Udine Gian Luigi Gigli dà così il benvenuto ai nuovi concittadi­ni: «Mandi Sapade! Benrivt tal Fril. Ciao Sappada! Bentornata

in Friuli, la Patrie dal Fril da cui sei stata ingiustame­nte separata nel 1852». Ma il sindaco del paese, Manuel Piller Hoffer, preferisce sopire entusiasmi e facili illusioni: «Se siamo contenti di diventare più ricchi? Calma, vediamo. Il Friuli Venezia Giulia è una cosa, il Trentino Alto Adige un’altra».

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Addio al Veneto Sostenitor­i del passaggio di Sappada in Friuli festeggian­o (foto Zanfron)

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