Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Spiaggia fascista «Gli slogan non sono reato» Tutto archiviato

- Eleonora Biral

In pochi giorni la spiaggia era diventata famosa in tutta Italia. Gli slogan del fascismo e le gigantogra­fie di Mussolini tra gli ombrelloni e gli sdraio per il tribunale di Venezia non costituisc­ono alcun reato. Lo ha stabilito il gip Roberta Marchiori che nei giorni scorsi ha confermato l’archiviazi­one dell’inchiesta sulla spiaggia di «Punta Canna», a Chioggia. Era stata la stessa procura di Venezia alcune settimane fa, attraverso il procurator­e capo Bruno Cherchi e il pubblico ministero Francesca Crupi, a chiedere l’archiviazi­one del procedimen­to che aveva visto iscritto nel registro degli indagati il 64enne Gianni Scarpa, gestore della spiaggia. L’accusa era quella di apologia del fascismo. Il caso scoppiò quest’estate: il prefetto di Venezia Carlo Boffi ordinò subito la rimozione dei cartelli all’interno dello stabilimen­to, la politica si divise, così come i cittadini. ma furono organizzat­e anche delle manifestaz­ioni di protesta. C’era chi la riteneva una goliardia, chi una bella idea e chi, invece, la considerav­a pericolosa con tutti quei richiami al fascismo e le gigantogra­fie del Duce. L’Anpi aveva anche invocato la revoca della concession­e al gestore Scarpa. Il procurator­e capo di Venezia, Bruno Cherchi, all’epoca assicurò che la procura avrebbe fatto tutte le indagini del caso e affidò l’incarico alla Digos di Venezia. Il gestore nei giorni successivi dichiarò di non essere «né di destra né di sinistra» e che al posto di Mussolini avrebbe potuto mettere Che Guevara. La sua, dunque, non era «nostalgia» né, tanto meno intendeva scatenare un simile polverone. Il pm Francesca Crupi, titolare dell’inchiesta, una volta valutata la relazione ricevuta dalla Digos di Venezia chiese l’archiviazi­one: secondo la procura la spiaggia non rappresent­ava un pericolo per le istituzion­i. Gli slogan ripetuti agli altoparlan­ti, le immagini e i richiami al periodo del fascismo, dunque, erano solo qualcosa di stravagant­e. E lo ha confermato la decisione del gip, che ha così archiviato il caso: oltre al fatto che le scritte, secondo la magistratu­ra, non configuran­o un reato, manca l’elemento soggettivo, e cioè il dolo da parte del gestore.

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