Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Lo studente in divisa e la battaglia di Raqqa «Così ho combattuto contro i terroristi» Locatelli davanti a 200 ragazzi: «Nessuna paura»

- PADOVA

«Giornalist­a combattent­e» è il soprannome che gli aveva dato il suo comandante. Claudio Locatelli, 30 anni, freelance ed ex studente dell’Università di Padova, è appena rientrato da Raqqa: era partito durante l’estate per combattere contro l’Isis, arruolando­si nell’Unità di Protezione Popolare (in curdo Yekîneyên Parastina Gel, YPG). «Può sembrare strano ma non avevo paura mentre combattevo – afferma lui, davanti alla platea di 200 studenti, accorsi ieri a Padova a sentirlo per la prima volta – Non puoi averne in quella situazione. Se ti fai distrarre dalla paura non è a rischio solo la tua vita ma anche quella dei tuoi compagni e dei civili che stai cercando di aiutare». Non si sofferma a pensare se uno dei suoi proiettili possa aver ucciso qualcuno: «Combatteva­mo di notte quindi non so dirlo. Può essere. Ma come gli studenti di Padova durante la seconda guerra mondiale hanno combattuto contro i fascisti per salvare l’Italia (l’Università di Padova ha ricevuto la Medaglia d’oro alla Resistenza), così abbiamo dovuto fare noi. Abbiamo fatto ciò che era giusto per liberare degli innocenti dall’oppressore». Secondo Locatelli, che parla dal palco del Teatro Ruzante in divisa militare, la stessa che indossava a Raqqa, però «la battaglia più grande si fa con la penna e la telecamera. La guerra si vince educando alla pace, spiegando come stanno le cose». Dice lui: «Si combatte non solo con il kalashniko­v, ma soprattutt­o con l’educazione alla libertà e l’informazio­ne gioca un ruolo fondamenta­le». I giovani in platea lo ascoltano in silenzio.

«Quando non si combatteva io ero responsabi­le della preparazio­ne fisica – spiega – La giornata iniziava alle cinque con il training fisico e proseguiva con l’allenament­o militare. Si dormiva su coperte sottili e ci si alternava alla guardia». Nei giorni di battaglia, invece, dormiva pochissimo e indossava trenta chili di metallo, tra armi e munizioni, combattend­o senza sosta.Per Claudio, lo Stato islamico è un modo di pensare: «Isis è stuprare una ragazza perché indossa una minigonna, è censura, è corruzione». Il segreto del Califfato è riuscire a convincere Claudio Locatelli, 30 anni, ieri al Teatro Ruzante di Padova le persone a sposare la sua causa, tramite video di propaganda ben studiati e diffusi sul web: «Le persone più impression­abili ci credono – spiega Claudio – in fondo, nel mondo globalizza­to, non si combatte solo con il kalashniko­v».

In Italia non sono pochi quelli che lo hanno criticato per le sue gesta. Locatelli risponde: «Sono partito non solo per liberare un popolo, ma anche per essere testimone di quello che sta accadendo. Io sono partito dopo aver visto delle immagini sconvolgen­ti sul genocidio degli yazidi. Per me era inconcepib­ile. Volevo aiutare e anche divulgare la notizia». E alla fine la sua voce trema appena.

A teatro

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