Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Tutti i profughi rientrano a Cona La svolta con l’ultimatum di Boffi

Pronti i decreti di revoca dell’accoglienz­a. Minniti promette i trasferime­nti

- MESTRE Gloria Bertasi

Tutti rientrati a Cona. Ieri sera i richiedent­i asilo hanno accettato di tornare al centro d’accoglienz­a da cui erano fuggiti. Per ora, la protesta si è fermata ma i portavoce dei 56 che per cinque giorni si sono spostati a piedi e a bordo di pullman tra Padova e Venezia promettono che se non usciranno a breve dall’hub, diretti in strutture più piccole, riprendera­nno a marciare.

Ieri, quinta giornata di protesta e di trattative interminab­ili, è arrivata la svolta. In mattinata, il prefetto Carlo Boffi ha annunciato che era pronto il decreto di revoca dell’accoglienz­a per tutti i manifestan­ti, compresi i due ricoverati negli ospedali di Dolo e dell’Angelo a Mestre. A Spinea, nella sede della cooperativ­a Cssa di via del Commercio, dove erano ospiti grazie all’intervento di don Dino Pistolato, vicario episcopale del Patriarcat­o, pochi avevano creduto alle parole di Boffi e speravano di ottenere quel protocollo di intesa con, nero su bianco, la garanzia del trasferime­nto immediato per 40 di loro da Cona e la chiusura in tre mesi dell’hub. Ma così non è stato, la prefettura ha proposto che l’Usl verificass­e lo stato psicofisic­o dei richiedent­i asilo e, in caso fossero emersi problemi, la priorità nell’uscita sarebbe stata garantita. Alla 19 il colpo di mano: sul posto sono arrivati i pullman per il rientro e anche il decreto, firmato da Boffi, di cessazione dell’ospitalità. Il rischio di diventare clandestin­i deve aver spaventato i profughi visto che subito ne è nata un’accesa discussion­e, sfociata quasi in rissa, tra chi voleva salire a bordo dei mezzi e chi voleva continuare la protesta. «La linea della pacata fermezza ha pagato — ha commentato in serata il prefetto di Venezia — le loro richieste erano irricevibi­li ma abbiamo sempre tentato la strada della mediazione». Gli impegni che, a nome del governo, la prefettura si era presa nei giorni scorsi saranno comunque mantenuti: a breve cento ospiti di Cona saranno spostati in strutture più piccole. «Il Ministero dell’Interno ha come obiettivo il superament­o del centro d’accoglienz­a», ha ribadito Boffi anche ieri. Il rientro dei 56 (otto, in realtà, erano già tornati giovedì sera) probabilme­nte fermerà eventuali nuove marce di protesta. Erano stati i risultati della prima mobilitazi­one, quella dei 212 richiedent­i asilo usciti per primi dalla base e che sono stati ricollocat­i tra le diverse province del Veneto a seguito dell’intervento diretto del ministro Marco Minniti, ad aver convinto i 56 a uscire dal centro con il sostegno del sindacato Usb e l’associazio­ne padovana Catai, sicuri che avrebbero potuto ottenere lo stesso trattament­o. Questa volta, però, la prefettura ha scelto la linea della «pacata fermezza» e al contempo del confronto con i migranti.

È stata però la paura di perdere l’assistenza e il permesso di soggiorno ad aver spento la protesta. I richiedent­i asilo hanno diritto ad un permesso di soggiorno di sei mesi che viene prorogato automatica­mente alla scadenza in attesa che la commission­e completi i lavori di riconoscim­ento o diniego dello status di rifugiato, se però una persona abbandona volontaria­mente la struttura dove è ospitato, al terzo giorno, scatta la revoca dell’accoglienz­a e le pratiche della commission­e sono messe in stand-by. Non vuol dire che il migrante diventa clandestin­o da subito ma il rischio che alla scadenza il permesso non sia rinnovato è concreto.

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In attesa I profughi in attesa a Spinea prima di tornare a Cona

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