Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Valvole killer e cartelle beffa L’ira di Zaia
Sono decine i pazienti che stanno già restituendo i risarcimenti. Gli avvocati: «Ospedale crudele, ora si tratti». E Zaia: «È allucinante, farò le verifiche del caso»
Valvole killer, ci sono altre 11 famiglie che attendono con apprensione l’arrivo della cartella esattoriale giunta alla vedova Sambin, che deve restituire all’ospedale il risarcimento per la morte del marito Antonio, deceduto dopo l’impianto difettoso. Il governatore Luca Zaia: «Vicenda allucinante, farò tutte le verifiche, mi occuperò del caso».
Margherita Sambin non è l’unica a dover restituire all’ospedale il risarcimento per la morte del marito Antonio, morto per una valvola cardiaca difettosa impiantatagli quasi 16 anni fa.
Vitale Zaglia, che ora ha 82 anni e vive a Megliadino San Vitale, che nel 2002 ha subito due impianti di valvola, prima quella difettosa e poi una nuova nel giro di 6 mesi, ha ridato indietro 70mila euro con gli interessi, e pure la famiglia di Renato Munerotto, di Ponte della Priula, ha restituito quei soldi. Ci sono altre 11 famiglie che attendono con apprensione l’arrivo della cartella esattoriale giunta qualche giorno fa alla vedova Sambin, e sono tutte rappresentate legalmente dall’avvocato trevigiano Alvise Fontanin: «Un atteggiamento disumano quello dell’azienda ospedaliera, ma non si poteva fare altrimenti — dice l’avvocato — tra qualche giorno ho un incontro in ospedale per trovare un accomodamento, almeno per ridurre l’entità dei versamenti da fare, non si può mettere la gente sulla strada». Non sono così ponderate le parole di Zaglia, che nonostante l’età e due interventi al cuore ha molte energie e non risparmia i commenti negativi all’azienda ospedaliera di Padova: «L’ultima rata ho finito di pagarla proprio mercoledì scorso — spiega — questi grandi ospedalieri questi luminari, hanno voluto indietro anche i soldi degli interessi, l’avvocato mi ha detto che non c’era nulla da fare, ma la prego di scrivere chiaramente le mie parole, questi sono ladri, e assassini». Dopo il dolore fisico per la malattia e i pesanti interventi, dopo la speranza di avere giustizia, la pazienza dei lunghi anni passati nelle aule giudiziarie e la delusione per quelle sentenze che non hanno trovato colpevoli ora il sentimento che predomina è la rabbia. E per interpretare le parole di Zaglia, che sono poi quelle usate anche da Margherita Sambin, moglie della prima vittima delle valvole killer, serve fare un passo indietro nel tempo e attraversare tutti i dolorosi passaggi che queste famiglie hanno vissuto negli anni.
Tutto iniziò il 23 febbraio del 2002 quando Antonio Banvegnù, operaio di 51 anni residente ad Albignasego, muore 11 giorni dopo l’intervento di inserimento di una valvola aortica eseguita dal dottor Dino Casarotto, primario del rinomato centro Gallucci dell’azienda ospedaliera di Padova. L’autopsia rivelerà che la valvola era difettosa, per lo stesso motivo morirà due anni dopo anche Enzo Barbetta di Este. L’inchiesta, già aperta dal primo caso di decesso, prese in quel momento un nuovo impulso. Sono due le verità che emergono dalle indagini della procura di Padova, cui si aggiunge un’inchiesta fatta a Torino, dove si sono verificati casi simili. La prima è che le valvole, costruite in Brasile, non sarebbero state omologate correttamente nonostante la presenza di tutti i timbri delle autorità nazionali ed europee sui dispositivi sanitari, la seconda è che dietro a quella fornitura c’era stato un giro di tangenti che aveva visto protagonisti il primario Casarotto e l’imprenditore Vittorio Sartori, distributore per l’Italia di quelle valvole difettose. Il tribunale di Padova in primo grado pronunciò una sentenza di condanna per Casarotto e Sartori, e l’azienda ospedaliera venne obbligata a pesanti risarcimenti. Quella prima decisione è stata ribaltata
dalla corte d’Appello di Venezia. E la Cassazione ha poi confermato: assolti anche i responsabili dell’ente certificatore tedesco che aveva omologato le valvole. Le uniche condanne rimaste sono quelle ai produttori brasiliani, svaniti però nel nulla dopo l’apertura dell’inchiesta.
La questione delle tangenti invece finisce prescritta. Casarotto non è responsabile delle morti dei pazienti perché il suo avvocato dimostra che il primario non poteva sapere che le valvole fossero difettose; poteva essere responsabile dei fatti di corruzione (prescritti), ma non delle morti dei pazienti. A quel punto viene meno anche la responsabilità dell’Azienda ospedaliera di Padova, dove sono avvenuti gli interventi: se la «colpa» non è del primario di Cardiologia allora l’ospedale non è tenuto a dare alcun risarcimento. È per questo motivo che ora l’Azienda chiede indietro quegli anticipi concessi alle 15 famiglie dei pazienti che nella migliore delle ipotesi sono stati operati due volte (come Zaglia), nel peggiore dei casi sono morti, come Antonio Benvegnù ed Enzo Barbetta. «Qualcosa in questo processo non ha funzionato — dice Cesare Vanzetti, avvocato difensore di Casarotto — il pm o le parti civili avrebbero dovuto far ricorso in Appello all’assoluzione dell’ente certificatore tedesco che avrebbe dovuto accorgersi del malfunzionamento dei dispositivi; inoltre la responsabilità è senza dubbio dei costruttori brasiliani, i chirurghi che hanno impiantato quelle valvole le credevano funzionanti».
Alcune famiglie avevano discusso molto con gli avvocati per fare i ricorsi del caso, ma le spese legali sarebbero salite ancora, senza garanzia di trovare giustizia. «Del resto mio marito si era fidato dell’Azienda ospedaliera — aveva detto ancora ieri la vedova di Benvegnù — dove li andiamo a cercare noi i brasiliani?». Le parti civili incontreranno i legali dell’ospedale per trovare una mediazione. Dal canto sui l’ospedale ha sempre tirato in ballo la scure della Corte dei conti, che potrebbe intervenire con pesanti sanzioni se non si recuperano quei soldi. Della vicenda intende ora occuparsi il presidente della Regione Luca Zaia: «È allucinante e assurda, immagino siano state applicate le leggi, ma per non lasciare nulla al caso farò tutte le verifiche. Anche se non posso promettere nulla. Ci vorrebbe una norma che in casi come questi vada a compensazione».
La vedova Benvegnù Mio marito si fidava dell’Azienda ospedaliera, ora dove troviamo i brasiliani?
L’avvocato Fontanin Tra qualche giorno incontrere mo l’ospedale: si riduca l’entità dei versamenti
Il legale di Casarotto Il pm o le parti civili avrebbero dovuto ricorrere contro l’ente certificatore
Il presidente Zaia Immagino siano state rispettate le leggi, ma bisognerebbe andare in compensazi one