Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Migranti, tossici, alcolisti quel presepe degli inascoltati
In carcere una natività speciale. Michael e il patriarca
Se avesse un nome, forse, sarebbe il «presepe dei peccatori». Occupa un intero angolo della cappellina carceraria, nell’ala destra, in entrata. L’aspetto vissuto, dai toni scuri. Ampio ma discreto. Come le 160 mani dei carcerati che l’hanno messo in piedi. Cristiani e ortodossi insieme. Al centro la sacra famiglia, decine di pastorelli indaffarati intorno. Poi montagnole, dislivelli, statuette grandi e piccole. E una cinquantina di pecorelle smarrite alla ricerca della stella cometa, proprio come tentano di afferrarla loro tra le sbarre del carcere veneziano di Santa Maria Maggiore. Se avesse un secondo nome, forse, sarebbe il «presepe degli inascoltati». Perché sullo sfondo, a tappezzare parte del cielo, ci sono 12 istantanee che raccontano tutta la miseria dei nostri tempi: uno sbarco di profughi nel mediterraneo, le mani assetate di un piccolo africano, una baraccopoli, le slot machine, la droga, l’alcol, la solitudine in cella, un bimbo disabile. Un presepe di denuncia e di redenzione, a osservarlo nel complesso. Un messaggio urlato così, dagli stessi ottanta carcerati che ieri mattina erano seduti composti tra le sedie del piccolo luogo di culto, a pochi passi dalle loro celle, per partecipare alla consueta messa natalizia celebrata dal patriarca di Venezia Francesco Moraglia. In mezzo a loro anche il procuratore Adelchi D’ippolito, l’assessore comunale Simone Venturini, la direttrice dell’istituto Immacolata Annarella, la presidente della corte d’appello Ines Marini e la presidente del tribunale veneziano Manuela Farin. «Quando uno incontra il Signore cambia, chiunque esso sia: un procuratore, un direttore di un carcere, un detenuto, un patriarca» si rivolge loro il vescovo mentre celebra messa accanto a monsignor Dino Pistolato, don Antonio Biancotto (appena divenuto responsabile dei cappellani del Triveneto), il 91enne Bepi Pistolato, diacono più anziano in diocesi a servizio dei detenuti da un ventennio e il padre ortodosso Avram Matei. C’è anche chi, con lo stesso spirito con cui ha messo mano al presepe degli ultimi, ha raccontato il calvario che l’ha condotto dietro le sbarre. Michael, il 26enne «sindacalista» dei detenuti, ha nel suo passato un padre alcolista e violento, un’adolescenza in strada e una dipendenza da eroina: «Quella ti toglie tutto. Non esistono più padre, madre, religione». Michael ha perso un lavoro da 2200 euro al mese e pure la ragazza. «Ora volto pagina - dice - voglio imparare dai miei errori». E il patriarca lo ha invitato a ricordarsi della sua infanzia il giorno in cui avrà un figlio, per non ripetere gli errori.