Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La corsa contro il tempo per finire le dighe mobili tra il caos per i finanziame­nti e i lavori fatti male

- (a. zo.)

Tanti sono scettici, ma la data è ancora lì, scritta nero su bianco. Secondo il cronoprogr­amma ufficiale, il «31 dicembre 2018» è prevista la «consegna» dei lavori del Mose. A oltre 15 anni dalla posa della prima pietra nel 2003, quando premier era Silvio Berlusconi, dovrebbe dunque essere terminata la grande opera per difendere Venezia dall’acqua alta, che alla fine costerà, secondo il prezzo chiuso, 5 miliardi e 493 milioni di euro e poi altri 80 milioni circa all’anno per farla funzionare, tra stipendi del personale, bollette dell’energia e manutenzio­ni. Le incognite per raggiunger­e l’obiettivo sono soprattutt­o due: da un lato il caos dei finanziame­nti, che negli anni ha spesso rallentato i cantieri e che di recente ha anche creato forti tensioni con le aziende, in primis la Mantovani, che sosteneva di avanzare 40 milioni; dall’altro le tante «magagne» che continuano ad emergere, anche sul fronte dei danni o dei lavori fatti male. Il primo problema dovrebbe essere stato risolto con l’ultima tranche di finanziame­nti del governo, che ha sbloccato i 221 milioni che ancora restavano, e un accordo con l’impresa per altri 35 milioni di euro di lavori). Per il secondo i provvedito­re Roberto Linetti e i commissari Raffaele Fiengo e Francesco Ossola stanno cercando di porre rimedio, anche se poi ci sarà una scontata coda giudiziari­a con le imprese. Per tre anni il Mose funzionerà, ma come collaudo, per poi essere pienamente operativo dall’inizio del 2022.

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