Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Truffe nel voto all’estero» Giudice investe la Consulta
Accolto il ricorso del venetista Guadagnini
Il consigliere regionale di Siamo Veneto Antonio Guadagnini nell’ottobre 2016, in vista del referendum costituzionale, aveva presentato un ricorso al Tribunale di Venezia in cui contestava le irregolarità e le storture della legge del 2001 fortemente voluta dall’allora ministro per gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia, sul voto degli italiani all’estero. «Ho le prove, ci sono truffe, esiste un vero e proprio tariffario per comprarli» spiega. Il giudice ha accolto il ricorso sollevando il caso alla Consulta.
Caso numero uno: Mario Rossi vive al civico 7 di Craven Road, Londra. È iscritto all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero e per questo, ad ogni elezione o referendum, riceve dal consolato la busta con la scheda per poter votare «a mezzo corrispondenza». Dopo un po’ si trasferisce in Baker Street 221B ma si scorda di comunicarlo all’Aire, che quindi continua a mandare busta e scheda al civico 7 di Craven Road, dove nel frattempo è arrivato David Ross. E quest’ultimo, inglese, vota per il parlamento italiano. Caso numero due: Mario Rossi vive a Craven Road con moglie e tre figli maggiorenni, tutti iscritti all’Aire. Moglie e figli, però, non si interessano di politica e lasciano l’incombenza elettorale al solo Mario, il quale prende le cinque schede e vota per tutti il suo partito prediletto. Caso numero tre: Mario Rossi prende la sua scheda e quella di moglie e figli e, siccome di politica non gliene importa nulla, porta tutto ad un amico, sostenitore accanito del tal partito, si fa offrire una pizza e una birra e gli lascia il malloppo, così che lui possa disporne come gli pare.
«In qualche caso - racconta il consigliere regionale di Siamo Veneto Antonio Guadagnini - esiste un vero e proprio tariffario: 15 euro per una scheda elettorale, 10 euro per una referendaria. In Sudamerica pare siano sindacati e patronati a raccogliere ad ogni tornata pacchi e pacchi di schede, orientando poi il voto a loro piacimento. In altri casi mi hanno riferito di persone in bicicletta che fanno il giro delle cassette della posta, sottraendo le buste consolari che, essendo molto grandi, sbordano dalla buca. Io stesso sono riuscito ad avere una di queste schede e avrei potuto usarla. Considerando che gli italiani iscritti all’Aire sono quasi 5 milioni, ci rendiamo conto delle dimensioni colossali di questa truffa elettorale? Del suo impatto su consultazioni che talvolta rischiano di decidersi per uno o due milioni di voti? È un abominio».
Del caso si è occupata in passato, più volte, la trasmissione tivù le Iene, e dopo le elezioni del 2013 la stessa ambasciatrice Cristina Ravaglia, dirigente del ministero degli Esteri, si disse perplessa. Ma Guadagnini ha deciso di fare un passo in più: a ottobre 2016, in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre, ha presentato insieme ad un amico residente in Slovacchia e regolarmente iscritto all’Aire, Pier Michele Cellini, con l’aiuto degli avvocati veneziani Giovanni Fabris e Andrea Favaro, un ricorso al Tribunale di Venezia, contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e i ministeri dell’Interno e degli Esteri, contestando le irregolarità e le storture della legge del 2001 fortemente voluta dall’allora ministro per gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia.
Tempi della giustizia italiana (e pensare che era stato chiesto un procedimento sommario), il giudice Silvia Barison ha depositato la sua ordinanza il 5 gennaio scorso, acconsentendo alla rimessione degli atti alla Corte costituzionale, come chiesto dai ricorrenti, per la presunta violazione dell’articolo 48 della Carta, quello secondo cui «il voto è personale ed eguale, libero e segreto». «Una decisione coraggiosa» dicono Guadagnini e gli avvocati Favaro e Fabris, potenzialmente dirompente: la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum, che ha costretto il parlamento a scrivere una nuova legge elettorale (l’Italicum prima, il Rosatellum poi) nasce dal ricorso di un ottantunenne avvocato milanese, Aldo Bozzi, che insieme ad altri quaranta cittadini presentò contro la legge ideata da Calderoli ben venti ricorsi in altrettante Regioni. «Tutti gli diedero torto - ricorda Favaro - anche Milano. Ma in quest’ultimo, dopo aver perso anche in appello, Bozzi impugnò in Cassazione, che decise di rinviare tutto alla Consulta. E si sa come è andata a finire».
Si vedrà se il ricorso di Guadagnini e Cellini avrà analoga fortuna, di certo il giudice Barison sembra essersi convinta delle loro ragioni, visto che in un passaggio dell’ordinanza afferma che «il voto per corrispondenza presenta tali e tante ombre da far persino dubitare che possa definirsi voto». Difficile pensare che la Consulta si pronunci prima delle elezioni del 4 marzo, nell’eventualità ripristinando il vecchio voto in cabina nei consolati e nelle ambasciate, considerati i tempi della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e della nomina del relatore. Ma Guadagnini incalza: «Non possiamo permettere che il prossimo parlamento sia deciso da furbi e criminali». E se mai gli dessero ragione, Cellini, in qualità di residente all’estero, potrebbe pure chiedere il risarcimento dei danni.