Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Jesolo, scoperto l’hotel del tempo dei romani
La scoperta Il lavoro certosino degli archeologi di Ca’ Foscari è stato premiato: dalla terra è emersa un’antica struttura ricettiva, costruita per accogliere la clientela dal mare, risalente a 1700 anni fa
Studiano, scavano e si arrovellano sopra quei campi dell’entroterra jesolano da minimo quattro anni. C’è da immaginare lo stupore del professor Sauro Gelichi e della sua équipe quando, armati di pazienza e pennellino, riemergono dal terriccio le prime avvisaglie della più antica struttura ricettiva di Jesolo, risalente all’epoca romana.
Un «albergo» medievale che si raggiungeva in barca oltre 1700 anni fa. Gli archeologi di Ca’ Foscari non credono ai loro occhi di fronte a quella che il direttore del progetto definisce «una delle più grandi scoperte di questo genere mai fatte in Italia». Ed è così, perché di «mansiones» (così si facevano chiamare gli «hotel» di età tardo antica) tanto datate e in buono stato «forse in Italia ne sono state trovate solo due», dice Gelichi.
In più, l’esclusività del colpo archeologico appena messo a segno sta proprio nella sua collocazione lagunare, nella sua opportunità di accoglierne gli ospiti via acqua. Se poi si aggiunge il fatto che la scoperta è stata fatta in una storica località a vocazione turistica la vicenda si fa unica nel suo genere. Ora, lì, l’antica Equilo è coperta da una distesa di campi privati, nell’attuale località Le Mure. Ma tra le tante tracce emerse nel sito (risalenti a diverse epoche storiche) ora è certo anche che, sopra quello che allora era un isolotto, nel 300 d.C. sorgeva un posto di stazionamento, «forse anche per funzionari imperiali dice Gelichi - lungo una rotta endo-lagunare».
La squadra del professore cafoscarino è riuscita ad esplorarne buona parte. Quattro ambienti uguali tra loro, affiancati, stretti e lunghi. Ognuno provvisto di un focolare in mattoni e suddiviso in stanze per giacigli e cucine. «Forse si compone di altre parti che non sono ancora state individuate e scavate», commenta il ritrovamento Gelichi. Un gioiellino che, secondo le stime degli esperti, dura pochi decenni. Massimo 60 anni prima di cadere vittima di un incendio. «Non viene più ricostruito - spiega l’archeologo - al suo posto sorge una necropoli in seguito all’acquisizione da parte dell’autorità ecclesiastica dell’isolotto, attorno al V secolo. Poi attorno al X secolo viene dismessa e nascono una serie di strutture in legno legate allo stoccaggio». Prima di arrivare alle bonifiche settecentesche che trasformano tutta l’area abbandonata nei campi che vediamo ora, il XII secolo vede la costruzione di una grande basilica, «una sorta di copia di quella veneziana di San Marco - precisa l’esperto -, di cui oggi possiamo intravedere solo qualche resto nella campagna jesolana. Poi lo spostamento delle proprietà economiche verso Venezia e forse anche il problema di impaludimento della zona, che si trova alla foce di un fiume, rendono inagibile il porto e fanno sì che l’esperienza di Equilo volga al termine».
Non finisce invece l’indagine dell’università veneziana su questa porzione di storia sotterranea: «L’intenzione - dice l’esperto - è quella di scoprire tutta la mansio. E di proseguire quest’anno con degli scavi mirati nell’area di Equilo. Che spero continuino nel 2019».