Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Navi, muta come il servo di Zorro» Il giudice: Codello non fu diffamata E ora dovrà pagare 80 mila euro
VENEZIA Nell’atto di citazione presentato al tribunale di Milano dai suoi legali aveva chiesto un risarcimento danni di 200 mila euro per diffamazione al gruppo Rcs-Corriere della Sera e alle più attive associazioni ambientaliste del territorio: Lipu e Italia Nostra, oltre allo storico portavoce di Ambiente Venezia Luciano Mazzolin. Ma dalla causa di primo grado, che si è conclusa con la sentenza depositata mercoledì in cancelleria dal giudice Orietta Stefania Miccichè, l’ex soprintendente di Venezia Renata Codello esce con le ossa rotte: non solo il magistrato ha rigettato le sue richieste ma l’ha condannata a risarcire 80 mila euro di spese legali (oltre 13 mila per ciascuna delle sei parti chiamate in causa), che saliranno con spese e accessori.
Tutto era partito quando l’architetto Codello, di fronte a un articolo del 25 settembre 2013 firmato da Gian Antonio Stella e molto critico sul suo silenzio sulle grandi navi, aveva deciso di fare causa non solo al giornale, ma anche agli ambientalisti che, a suo dire, avevano da un lato (Mazzolin) dato il «la» alle accuse, dall’altro (Italia Nostra e Lipu) le avevano rilanciate. Stella infatti, con il suo solito stile ben noto, si era chiesto se Codello lavorasse con i balconi chiusi, visto che davanti al Ducale, sede della Soprintendenza, passavano i giganti da oltre 300 metri di lunghezza e 67 di altezza (una volta e mezza lo storico palazzo). «L’avrebbe vista anche Mister Magoo (notoriamente quasi cieco, ndr), lei no - aveva scritto il giornalista - Muta come Bernardo, il servo muto di Zorro». Stella poi citava un video caricato su Youtube fin dal lontano 2008, in cui la soprintendente, intervistata da una tv austriaca, lanciava messaggi rassicuranti sulle crociere e negava pericoli per la città e per la laguna.
Proprio qui si inseriva Mazzolin, accusato di aver caricato il video dopo averlo manipolato. Accusa che in realtà viene negata dallo stesso giudice, quando scrive che quel filmato, seppur sintetizzato, «non ha contenuto differente rispetto a quello dell’intera intervista». Il magistrato scrive poi che Stella ha esercitato un diritto di critica e di satira, senza mai oltrepassare il limite. Quanto a Italia Nostra, che dopo l’articolo aveva scritto al ministero dei Beni culturali chiedendo la rimozione di Codello, ricordando anche il via libera al «cubo» dell’hotel Santa Chiara o al restauro del Fontego dei Tedeschi, anche qui è solo «diritto di critica», così come quello della Lipu che aveva contestato l’ok all’ipotesi di realizzare delle villette a Ca’ Roman, dove da anni gestiva l’oasi naturalistica.
Da Codello arriva un secco «no comment», che lascia prevedere un appello. Esultano, ovviamente, gli altri, da Italia Nostra a Mazzolin.
Sotto accusa L’ex soprintendente aveva fatto causa a Rcs, Italia Nostra, Lipu e a Luciano Mazzolin