Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tagli ai servizi psichiatrici «Le comunità dovranno lasciare a casa 1500 malati»
L’allarme di medici e famiglie: «Azzerati 12 milioni di fondi»
VENEZIA L’allarme lo avevano già lanciato a fine settembre le associazioni degli specialisti e le famiglie dei malati, mandando una lettera a tutti i consiglieri regionali per denunciare che il «nuovo» Piano sociosanitario, la riduzione delle Usl da 21 a 9 e la conseguente riorganizzazione dell’assistenza sul territorio ma anche negli ospedali hanno fortemente penalizzato le cure psichiatriche in Veneto. Cifre alla mano, negli ospedali le Unità operative complesse di Psichiatria sono state dimezzate da 40 a 20, i primariati azzerati e rimessi a bando (stavolta nazionale) in seguito al cambio dei confini delle Usl, le risorse per le comunità terapeutiche bruscamente ridotte.
«Morale: 70mila pazienti dei Centri di salute mentale(ma i malati sono almeno 200mila) possono contare su un investimento pari al 2,9% del Fondo sanitario, contro una media nazionale del 5% — spiega il dottor Lodovico Cappellari, coordinatore regionale della Società italiana di Psichiatria —. E inferiore alla media italiana, a causa del blocco del turn over, è anche la dotazione di personale medico e di altre figure professionali indispensabili ai Dipartimenti di Salute mentale. Per i malati tutto ciò comporta tempi di attesa più lunghi, il rischio di cure inadeguate, prese in carico difficili, solitudine legata a una riorganizzazione dei Centri d’igiene mentale e delle strutture di riabilitazione su base provinciale. Il che significa — avverte Cappellari — che se finora abbiamo sempre cercato di mandare i pazienti nei presidi più vicini a casa, adesso potrebbero doversi spostare a diversi chilometri di distanza, con seri disagi pure per le famiglie dei ricoverati. Vuol dire che invece di una volta alla settimana li vedranno una volta al mese».
Ma il nodo più grosso è la compartecipazione alla rette delle strutture di residenzialità
La Regione Il governo ci ha ridotto le risorse, stiamo cercando di ricavarle dalle pieghe del bilancio
psichiatrica, che in Veneto sono 236 (su un totale di 400 presidi, tra ambulatoriali, comunità semiresidenziali e residenziali) e accolgono 2037 degenti. Ferma restando la gratuità delle Comunità terapeutiche riabilitative protette (destinate ad un intervento continuativo per 24/36 mesi su situazioni patologiche), per le Comunità alloggio di base (strutture sociosanitarie per l’assistenza e la riabilitazione di soggetti che presentano parziali livelli di autonomia; medico presente h12), le Comunità alloggio estensive (medico h24, utenti sopra i 40 anni affetti da schizofrenia, sindromi affettive gravi, gravi disturbi di personalità e altre patologie «severe e persistenti») e i Gruppi appartamento, dove vivono malati con la sola pensione d’invalidità e senza rete familiare di supporto, le rette rischiano di triplicare. «Il motivo è il mancato rifinanziamento di 12 milioni di euro da parte della Regione — illustra Roberto Baldo, presidente regionale di Federsolidarietà, che riunisce le cooperative sociali a capo del 30% delle residenze psichiatriche (il 70% è in capo alle Usl) —. E’ l’importo fino al 31 dicembre 2017 erogato come Extra Lea, cioè risorse non comprese nei Livelli essenziali di assistenza pagati col Fondo sanitario nazionale. Con quei soldi Palazzo Balbi invertiva le percentuali standard delle rette, previste per il 40% a carico del sistema pubblico e per il 60% a carico del malato, sobbarcandosi la parte maggiore della spesa. Con il taglio degli Extra Lea la retta è per il 60% in conto ai pazienti, alle loro famiglie o ai Comuni, chiamati a subentrare in caso di necessità. Ma è una sforzo insostenibile. Sappiamo che gli assessori alla Sanità, Luca Coletto, e al Sociale, Manuela Lanzarin, stanno lavorando per trovare risorse aggiuntive — chiude Baldo — ma se non agiranno in fretta, dovremo lasciare a casa i malati. Almeno 1500 di loro rischiano di restare fuori dalle residenze psichiatriche».
La questione è all’attenzione della commissione regionale Sanità, che prima di Natale ha ascoltato associazioni dei medici e rappresentanti dei pazienti. «Il taglio degli Extra Lea è legato alle minori risorse assegnate al Veneto dal governo — spiega il presidente Fabrizio Boron —. E il rialzo delle rette è frutto di un decreto legge che siamo costretti a recepire con delibera regionale. Ma proprio per dare il tempo ai due assessori interessati di reperire i soldi necessari a mitigare l’impatto economico sulle famiglie, il passaggio in commissione di tale provvedimento è già saltato tre volte. Ci stiamo adoperando per trovare i fondi nelle pieghe del bilancio e speriamo di arrivare a una soluzione nel giro di due-tre settimane».