Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Sedici anni al killer del padre dei preti
Il giovane confessa in videoconferenza di aver accoltellato l’anziano: sono pentito
VENEZIA Sedici anni per aver ucciso il 79enne Alberico Cannizzaro a coltellate in casa sua a Marghera. Questa la pena con cui il gip Massimo Vicinanza ha condannato Marcel Mustata, 23enne romeno che quella sera aveva ferito a morte l’anziano, padre di due sacerdoti di Mestre. Il giovane è detenuto in Romania per violenza sessuale e ha partecipato al processo in videoconferenza, confessando il delitto: «Sono pentito, ho fatto una cosa grave», ha detto.
VENEZIA Due anni fa, il 3 dicembre 2015, la Finanza aveva assestato un colpo quasi mortale alla banda, «pizzicata» con un carico di oltre 90 chili di cocaina proveniente dal Sudamerica. La droga veniva nascosta nei carichi di frutta e pesce e arrivava a quintali per essere poi piazzata sui mercati veneto e lombardo. Ma nonostante quei 9 arresti e le sentenze pesantissime, il capo Attilio Vittorio Violi (condannato a 14 anni) dal carcere, prima a Venezia, poi a Tolmezzo, stava cercando di rimettere in piedi la banda, grazie al cognato Giovanni Pietro Sculli e al cugino Rocco Scordo. Questi, residenti in Calabria come quasi tutti i membri della banda che si era poi spostata in Veneto (Violi viveva a Marcon), venivano a trovarlo una volta al mese per prendere gli ordini, ma i finanzieri li hanno bloccati. Anche la moglie una volta aveva ricevuto un «pizzino».
Nel frattempo, il Gico aveva ricostruito, grazie all’impiego di un agente sotto copertura, l’intera banda che operava nel 2015 e ieri le manette sono scattate, tra gli altri, per Antonino Vadalà, imprenditore che vive in Slovacchia e che proprio pochi giorni fa era finito su tutte le cronache per essere stato arrestato insieme ad altri sei italiani con l’accusa di aver ucciso il giornalista Jan Kuciak e la fidanzata. Pochi giorni dopo era stato liberato, ma ieri mattina è finito di nuovo in cella, grazie anche alla collaborazione delle autorità slovacche.
Il gip Roberta Marchiori, su richiesta del pm della Dda Paola Tonini, ha disposto 10 arresti in carcere, 3 domiciliari e 3 obblighi di dimora: in cella appunto Violi – a cui l’ordinanza è stata notificata in carcere, così come ad altri 6 – e Sculli. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio. In particolare Vadalà avrebbe contribuito a organizzare i traffici «legali» dal Sudamerica di frutta e pesce, che però ogni tanto nascondevano la cocaina: l’accusa è dunque di aver investito proventi illeciti dello spaccio di droga.
Mentre l’ordinanza ha messo in ordine gli episodi più datati, contemporaneamente il pm Tonini ha firmato un fermo di polizia giudiziaria, che ha portato all’arresto di Scordo. In questo filone più recente, il Gico ha seguito il tentativo di ricostruzione della banda, che aveva portato Scordo ad andare anche in Olanda per trovare nuovi canali, mentre Sculli faceva da tramite. Entrambi sono stati arrestati a Venezia. Indagati anche i veneti Danilo Mirtillo e Alessandro La Delfa, per il loro supporto logistico.
«Questi soggetti legati alla ‘ndrangheta si muovevano in maniera autonoma e questo dimostra che le associazioni mafiose sono cambiate - ha detto il procuratore capo Bruno Cherchi - non c’è più l’attività diretta, ma un pieno radicamento». «Quando a luglio abbiamo sequestrato 400 grammi di cocaina abbiamo capito che avevano ricominciato e che dietro il linguaggio cifrato c’era la droga», ha aggiunto il colonnello Gianluca Campana, comandante del Nucleo di polizia economicofinanziaria. Il comandante provinciale della Finanza Giovanni Avitabile ha spiegato che ieri sono stati impiegati circa 200 finanzieri e che sono state eseguite anche 33 perquisizioni anche in Calabria e in Lombardia
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