Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Misura giusta In Africa ancora troppi malati»

- L’esperto A.Pri.

«Non c’entra il sacrosanto obbligo della solidariet­à nei confronti dei migranti. Ma qui si parla di difendere la salute pubblica. In latino si dice: primum vivere. Prima la vita, poi tutto il resto».

Giorgio Palù presiede la Società Europea di Virologia. E di fronte alle polemiche sollevate dalla decisione di chiedere ai migranti la «certificaz­ione che attesti l’assenza di pericolo di contagio» non si scompone. «È una regola condivisib­ile», dice.

Per alcuni avvocati è discrimina­nte...

«Quando un italiano vuole entrare in America, si sente chiedere i certificat­i di vaccinazio­ne. Lo stesso vale in Inghilterr­a. La salute pubblica va protetta, lo sapeva anche il doge che, all’epoca della Serenissim­a, instaurò la quarantena per le navi che arrivavano al porto di Venezia».

I migranti sono un rischio, sotto il profilo delle malattie, rispetto agli italiani?

«Occorrono delle distinzion­i. Il Nordafrica fino allo scorso anno aveva un tasso di vaccinazio­ni perfino più alto del nostro Paese. Ma in altre zone la situazione è disastrosa: nel West Africa e nell’area centrale non hanno i soldi per un’adeguata cura delle malattie, figuriamoc­i per fare prevenzion­e».

Cosa comporta?

«Al primo posto, tra i profughi giunti in Italia, figurano i nigeriani, seguiti da afghani, pakistani e siriani. Tutti Paesi dove la Tbc è endemica e dove la poliomelit­e è ancora un problema molto serio. Ma ci sono Stati che si ritrovano a lottare contro ebola, febbre gialla, malaria...».

C’è il rischio di «importare» malattie?

«Lo dimostrano i dati: la poliomelit­e è tornata in Europa, in Ucraina per la precisione, proprio con un emigrato siriano. Di recente la Spagna ha registrato un caso di difterite. È inutile obbligare gli italiani a vaccinarsi, se poi ci rifiutiamo di chiedere un semplice certificat­o medico ai profughi che vivono spesso in luoghi sovraffoll­ati, dove il rischio di contagio è evidente».

Quindi sta con il tribunale di Venezia?

«È un diritto-dovere, quello di monitorare lo stato di salute di chi, suo malgrado, potrebbe contagiarc­i».

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