Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
PROFUGHI E MALATTIE I VERI NODI
Discriminazione o equo protocollo? Fioccano i dubbi
In questi giorni si è sviluppato un acceso dibattito, con toni spesso fortemente critici, in merito al protocollo in materia di protezione internazionale dei rifugiati siglato il 6 marzo scorso a Venezia dal Presidente del Tribunale e dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati. Al di là dei meriti indiscutibili e delle alte qualità professionali delle persone coinvolte, e delle legittime perplessità sugli evidenti limiti del metodo adottato, apparentemente senza un adeguato confronto preventivo, opportunamente esteso ai ben più vasti territori e ai numerosi professionisti anche non veneziani interessati, è fuor di dubbio che l’iniziativa, per certi versi esposta al pericolo di interpretazioni incompatibili con diritti fondamentali della persona, ha il pregio di affrontare, con coraggio e volontà di incidere, esigenze organizzative di assoluto rilievo.
Occorre infatti misurarsi con i molteplici problemi posti dall’afflusso annuo di migliaia di nuovi procedimenti che si aggiungono alla valanga di affari «ordinari», assicurando un indispensabile uso accorto e razionale delle limitatissime risorse disponibili per le strutture giudiziarie venete, afflitte dal non invidiabile primato nazionale di una storica carenza che giunge purtroppo a superare persino i limiti della denegata giustizia per tutti gli utenti, italiani o stranieri che siano, senza discriminazioni di sorta.
VENEZIA Certificato medico per i richiedenti asilo in Tribunale, scatta la resistenza degli avvocati. Proteste individuali, contestazioni caso su caso, post su Facebook: da ieri si è aperta una faglia sul «Protocollo sezione immigrazione» firmato dal presidente dell’Ordine degli avvocati Paolo Maria Chersevani e dalla presidente del Tribunale Manuela Farini.
Da una parte, i dipendenti del Tribunale, gli amministrativi, gli avvocati preoccupati per i corridoi e le aule stipate di migranti che a volte sono scalzi, altre volte sembrano provati da malattie, certe volte approfittano delle toilette del Tribunale per rimettersi in ordine mani e piedi. In generale, dai centri di soggiorno temporanei i profughi non arrivano in aula in giacca, cravatta e freschi di barbiere.
Dall’altra parte ci sono Magistratura democratica, Giuristi democratici, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione Asgi e gli avvocati veneti che si sono specializzati nell’assistere i richiedenti asilo nei ricorsi sulle domande di accoglienza respinte.
Un argomento politicamente e socialmente sensibile che non è più solo un affare di toghe. È intervenuto il governatore Luca Zaia: «La trovo una cosa sensata: vedo che qualcuno si sta stracciando le vesti, noi siamo assolutamente concordi. – ha detto – Giusto che ci sia questo rigore: non è che si tratti di una disparità di trattamento, perché questo sarebbe grave, ma stiamo parlando di cittadini che arrivano da ogni contesto del mondo e da paesi nei quali non esistono profilassi e non ci sono quelle attività di prevenzione che in altri paesi si fanno regolarmente. Non ci vedo nulla di scandaloso».
E subito il discorso devia sull’argomento delle vaccinazioni, che in altri continenti non sono obbligatorie e qui, tra mille polemiche, sono la naja della salute pubblica.
«Alcuni avvocati hanno dichiarato in udienza che i loro assistiti erano affetti da tubercolosi. – ricorda Enrico Strato, rappresentante sindacale del sindacato autonomo ConfsalUnsa - Arrivavano in aula febbricitanti, spossati. A quel punto si è capito non c’era nessun controllo e che tutti eravamo esposti: funzionari, avvocati, giudici, magistrati. È passato un anno da quando chiedemmo interventi».
Nell’arco di dodici mesi sono transitati i per il Tribunale 4.101 richiedenti asilo e le difese d’ufficio sono costate un milione di euro.
Don Nadino Capovilla, che alla chiesa della Cita a Marghera da anni offre la colazione della domenica ai senza dimora, non ne fa una questione di virus, economica o di nazionalità. Capita pure agli italiani di finire ultimi nella catena sociale e quello che il protocollo prevede «è che si vorrebbero ridurre le garanzie di difesa, vietando all’avvocato di intervenire all’udienza in audizione del ricorrente», denuncia, lanciando la campagna «Sulle soglie, senza frontiere». L’avvocato diventa essenziale quando ha notizia che l’assistito è o è stato malato e quindi è tenuto a presentare il certificato medico. «Tutti devono comprendere che una così evidente scarsa considerazione dei diritti dei più deboli riguarda ogni persona,denuncia Don NadinoBen al di là delle complesse procedure giuridiche sconosciute ai più».