Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Chiesti 9 anni per la sorella e il cognato di Maniero
Erano stati denunciati dallo stesso boss: «Mi hanno restituito solo 7 miliardi di lire su 33»
VENEZIA Sei anni di reclusione a Riccardo Di Cicco, ex cognato di Felice Maniero, e tre anni e quattro mesi alla sorella Noretta Maniero, per aver riciclato 33 miliardi di vecchie lire per conto dell’allora boss della Mala del Brenta. Sono le richieste di condanna avanzate dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale Antimafia di Venezia Paola Tonini e Giovanni Zorzi e sulle quali il giudice si esprimerà lunedì pomeriggio, giorno previsto per la lettura della sentenza.
Di Cicco, odontoiatra fiorentino ed ex marito di Noretta Maniero, è stato indagato insieme a lei e al broker fiorentino Michele Brotini al termine di un’inchiesta partita dopo le rivelazioni di «Faccia d’angelo». Quattro interrogatori che l’ex boss ha reso nel 2016 dopo un silenzio durato oltre vent’anni, durante i quali ha raccontato di aver consegnato in passato 33 miliardi di vecchie lire, proventi delle attività criminali della Mala del Brenta appunto, all’allora cognato Di Cicco (all’epoca sposato con Noretta).
Quel denaro, però, dopo anni Maniero lo avrebbe rivoluto indietro. Una parte — a detta dell’ex boss — gli sarebbe stata resa grazie a uno «spallone», titolare di un’agenzia finanziaria in Svizzera, che l’avrebbe consegnata a Di Cicco. Quest’ultimo avrebbe, infine, dato il denaro alla compagna di Maniero. Non tutto, però. L’ex boss ha raccontato alla magistratura di aver avuto indietro solo sei/sette miliardi a fronte dei 33 che aveva chiesto di riciclare. Secondo quanto raccontato dall’ex boss, dal 2015 l’ex cognato non gli avrebbe consegnato più nulla. Un anno dopo, dunque, «Faccia d’angelo» ha deciso di rivolgersi alla Procura. Di Cicco, da parte sua, ha sempre sostenuto di aver ricevuto solo undici dei 33 miliardi, di aver chiesto aiuto a Brotini per riciclarli e di averli restituiti tutti.
A differenza di Brotini, l’odontoiatra ha scelto il rito abbreviato, che consente di beneficiare di uno sconto di un terzo della pena. Ieri in udienza, dopo la discussione, ha reso delle dichiarazioni in cui ha chiesto di essere giudicato solo per quanto commesso, e cioè per aver riciclato undici miliardi di lire. I pubblici ministeri, però, nel formulare l’accusa sono partiti dall’affidabilità delle dichiarazioni di Maniero. Per la difesa, rappresentata dall’avvocato Giulio Venturi per Di Cicco e da Antonio D’Orzi per Noretta Maniero, i 33 miliardi non risultano. «Il patrimonio di Di Cicco è inferiore», sostiene Venturi.
Ad appesantire le posizioni di Di Cicco e Noretta Maniero, colpiti dalla stessa accusa di riciclaggio, c’è l’aggravante prevista dall’articolo 7 del decreto legislativo 152 del 1991, e cioè l’agevolazione mafiosa. Dopo la discussione di ieri il giudice per l’udienza preliminare Massimo Vicinanza ha deciso di rinviare l’udienza a lunedì pomeriggio per la sentenza.
Nel frattempo la difesa presenterà appello dopo la decisione del tribunale di Venezia di confiscare tre immobili in Toscana: villa Paradiso a Santa Croce sull’Arno, acquistata da Di Cicco nel 1989, una villa a Fucecchio, comprata nel 2011 e la villa di Pietrasanta in Versilia, acquistata nel 2004. Il provvedimento è stato eseguito una decina di giorni fa e ha confermato il sequestro preventivo di 17 milioni di euro eseguito a gennaio del 2017, quando Di Cicco e Brotini furono arrestati.
De Cicco
Ho riciclato soltanto undici di quei miliardi e li ho restituiti tutti a Felice Maniero