Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Giovani e lavoro: un nuovo posto su tre resta vuoto
Le imprese accusano, i sindacati: lavori precari
VENEZIA In Veneto, su 50.330 posizioni aperte, sono 16.433 quelle «con difficoltà di reperimento». E 7.635 di queste non ricevono abbastanza candidati. Il dato emerge dal report Excelsior di Unioncamere, che fotografa un mercato del lavoro in difficoltà e fa discutere. A maggior ragione nel giorno del Primo Maggio e dopo il caso di Grafica Veneta, l’azienda che non trovava 25 operai. Le imprese puntano il dito contro i giovani che cercano «lo status» e non fanno gavetta, ma c’è anche chi evidenzia le carenze nelle strategie di reclutamento e nella formazione.
Forse è che i giovani sono pigri e viziati: vogliono viaggiare, vestirsi bene, alzarsi tardi, tornare presto, fare tante ferie e avere troppi benefit. O forse no. Forse è che le aziende chiedono tanto e offrono poco: stipendi bassi, turni pesanti, contratti flessibili, ambienti rigidi, prospettive corte e garanzie fragili.
Nel giorno del Primo Maggio, è difficile capire da che parte stare di fronte a casi come quello di Grafica Veneta: la maxi-stamperia di Trebaseleghe (Padova), nota per la pubblicazione di best seller come Wikileaks e Harry Potter, cercava 25 operai e ne ha trovati solo quattro, almeno fino a quando il presidente Fabio Franceschi ha denunciato pubblicamente la vicenda e l’azienda è stata sommersa da un migliaio di curriculum in poche ore. La voce di Franceschi si inserisce nel solco dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro tracciato da Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso, che lo scorso agosto aveva offerto 200 tirocini e aveva ricevuto appena un centinaio di candidature. Stesso discorso per Antonio Carraro Spa, azienda di Campodarsego (Padova) specializzata in trattori, che a dicembre aveva lamentato il sostanziale disinteresse per 70 posizioni aperte da mesi, salvo poi ricevere più di 5 mila curriculum in pochi giorni. Insomma, il copione si ripete, così come quello dei concorsi con migliaia di candidature per una manciata di posti. Un paradosso.
Cerchi tre, trovi due
Per cercare di risolverlo, si può partire dai dati del progetto Excelsior: l’ultima indagine di Unioncamere sulla domanda di lavoro delle imprese venete rivela che a gennaio i «lavoratori previsti in entrata», ovvero le offerte di lavoro in cerca di contratto, erano 55.330 e la difficoltà di reperimento era del 29,7%, soprattutto per il ridotto numero di candidati (13,8%) e per l’inadeguatezza delle loro competenze (12,4%). Stabile da ottobre a livello globale, il dato sulla difficoltà di reperimento sale a dismisura per alcune tipologie di lavoro dove le entrate previste sono più di mille: 46,8% tra i 2.630 conduttori di mezzi di trasporto richiesti, 44,1% tra i 2.030 conduttori di impianti nel ramo tessile, 42,2% tra i 4.660 operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche. Il lavoro che cerca (e non trova) un contratto non è uno solo: da un lato c’è chi non ha le carte in regola per accedere alle professioni più ambite, dall’altro c’è chi rifiuta i mestieri ritenuti troppo degradanti. Non a caso, la difficoltà di reperimento è trasversale al titolo di studio: si va dal 24,6% della scuola dell’obbligo al 36,1% della laurea, passando per il 30,8% del diploma professionale, dove il ridotto numero di candidati incide per il 15,8% (contro il 19,9% dei laureati).
Offerte e canali
«Il caso di Grafica Veneta non deve sorprendere – commenta Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro -. In Veneto ci sono mille offerte di lavoro al mese e sul nostro portale Cliclavoro ci sono 100 mila curriculum di lavoratori attivi, anche parzialmente occupati; la difficoltà nelle ricerche delle aziende dipende anche da una combinazione di fattori demografici e culturali, ma chi non trova non ha usato i canali giusti». Segue breve vademecum: «Il 40% delle offerte arriva dai social, il 10-15% dai servizi per l’impiego, il resto dal passaparola. I social aiutano le aziende a incrociare i candidati in base a categorie come titolo di studio ed esperienza; la web reputation riguarda sia il candidato che l’azienda, perché o sei online o mezzo mondo non ti vede». «Il messaggio va veicolato con i linguaggi e i canali che le persone di quel segmento utilizzano e capiscono – aggiunge Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all’Università di Padova -. Solo poche imprese hanno una strategia di Employer Branding, utile per veicolare un’immagine di sé adeguata al mercato del lavoro e far capire quali sono le buone ragioni per accettare la loro offerta. Non è una cosa semplice e non si improvvisa».
Fabbriche senza giovani
Dal database di Veneto Lavoro emerge un altro dato. Dal 2008 al 2017, la variazione occupazionale registra un aumento per tutte le tipologie professionali tranne gli ope- rai specializzati (-51.435) e semi specializzati (-11.880). «Oggi i giovani sono protetti dalla mamma e non lavorano nemmeno se lo stipendio è di 5 mila euro al mese – tuona Remo Mosole, presidente del Gruppo Mosole (estrazione di ghiaia) con sede a Breda di Piave (Treviso) -. Dei tre operai che avevo trovato lo scorso settembre, due hanno già lasciato: uno perché doveva fare sei chilometri di strada, l’altro perché alzarsi presto la mattina era un sacrificio troppo grande. E sì che prendevano 1.700 euro al mese. Ora, quando ho bisogno, chiamo un paio di collaboratori pensionati. È dal 1945 che seleziono il personale e un disastro così non l’avevo mai visto». Parole diverse nei toni ma simili nella sostanza per Roberto Castagner, titolare dell’omonima distilleria a Vazzola (Treviso): «Noi ci rivolgiamo alle scuole e poi finiamo per assumere persone di 40-50 anni, tra cui molti laureati che vogliono ricollocarsi e sanno adattarsi – spiega Castagner -. I giovani vogliono lavorare nell’ufficio tecnico per occuparsi di ricerca e progettazione, mentre la gestione di macchine e impianti non viene presa in considerazione. Bisogna capire che non c’è nulla di cui vergognarsi nel partire dal basso. E che sporcarsi le mani aiuta a crescere tanto quanto andare in Erasmus».
Status sì, gavetta no
Il problema non riguarda solo l’industria ma anche il commercio, lavori stagionali compresi. «Dall’alberghiero alla ristorazione, c’è una discrasia tra quel che serve e quel che si vuol fare - dice Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto -. La gavetta si rifiuta anche se sotto casa e con contratti dignitosi, specie se l’azienda lavora sette giorni su sette. I giovani puntano allo status a discapito dell’etica, senza preoccuparsi di pesare sullo Stato e la famiglia. Certo, qualche centinaio di euro in più in busta paga non guasterebbe. Ma senza gravare ulteriormente sui datori di lavoro».
Zanon (Confcommercio) La gavetta si rifiuta anche se il lavoro è sotto casa e ha un contratto dignitoso
Bonometti (Stevanato) Chiedere il curriculum non basta Offrire un contesto moderno e flessibile aiuta a farsi scegliere
Nel dilemma tra ambizione personale e senso del dovere, c’è spazio anche per una terza via. A indicarla è Vendemiano Sartor, presidente di Confartigianato Marca Trevigiana: «Oggi si possono acquisire competenze sia tecniche che culturali e mettere tutto in pratica. Nella filiera dell’esportazione chi conosce le lingue è avvantaggiato; nell’edilizia serve manodopera specializzata in riqualificazioni, risparmio energetico e impiantistica, figure sempre più difficili da trovare. Non sono più i mestieri brutti e sporchi di una volta: siamo passati da sarti e ciabattini ai maker che lavorano col digitale ma prevale ancora un immaginario anacronistico».
Eppure c’è chi trova
«La polarizzazione tra figure alte e basse è sempre più evidente – osserva Barone -. Negli ultimi vent’anni c’è stata la corsa agli studi intellettuali, oggi stiamo scontando questa impostazione. Ma se la paga è buona e il contesto è attraente, i giovani accettano». E’ proprio con questa ricetta che Stevanato Group, azienda di contenitori in vetro per l’industria farmaceutica con sede a Piombino Dese (Padova), ha appena assunto 200 dipendenti e conta di assumerne presto altri 200: «A renderci appetibili non è solo lo stipendio, ma anche l’attenzione a formazione e welfare – conferma Patrizia Bonometti, responsabile delle risorse umane -. L’anno scorso abbiamo avviato un programma di formazione con gli Atenei del Veneto, abbiamo usato i social e abbiamo ricevuto più di mille candidati in quattro mesi per 25 posti. Non bisogna limitarsi a chiedere il curriculum: offrire un contesto moderno, flessibile e internazionale aiuta a farsi scegliere».
Questione di offerta e non di domanda, dunque. Cristian Ferrari, segretario della Cgil Veneto, è d’accordo: «Il problema riguarda la qualità dell’occupazione, che oggi è fatta di lavori discontinui e poveri. I messaggi di colpevolizzazione dei giovani sono infondati, chi li lancia sembra solo in cerca di visibilità; i casi più enfatizzati sono motivati dall’incapacità di quelle aziende nel condurre le ricerche».
Il nodo della formazione
Se il problema viene a galla nelle fabbriche, i segnali nelle scuole non mancano. All’istituto tecnico e professionale Scotton di Breganze (Vicenza), l’indirizzo «Arredo e fornitura d’interni» per aspiranti falegnami rischia la chiusura per mancanza di iscritti: «Il numero di diplomati è inadeguato alle esigenze del territorio – ammette il preside Mario Maniotti -. Col passaggio dalle catene di montaggio alle isole robotizzate, però, il lavoro in fabbrica è diventato più affascinante e meno ripetitivo: bisogna anticipare l’orientamento dalla terza alla seconda media per farlo capire alle famiglie». Insomma, c’è un problema di narrazione. E la conferma arriva da Fabrizio Dughiero, prorettore ai rapporti con le imprese dell’Università di Padova: «Tra cento euro in più di stipendio e una settimana in più di ferie, i giovani scelgono la seconda, cioè la qualità della vita. Le aziende devono far capire che sono vicine al loro modo di pensare, muoversi e innovare: molte avrebbero le caratteristiche giuste ma non sanno raccontarsi».
Barone (Veneto Lavoro) C’è stata una corsa agli studi intellettuali, oggi stiamo scontando questa impostazione. Il divario di richiesta tra figure alte e basse è evidente
Gubitta (docente) Per attirare i giovani bisogna usare canali e linguaggi adeguati. Solo poche imprese sanno farlo e non è una cosa che si improvvisa