Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mega-nave «dirottata» a Trieste Il Porto studia il mini off-shore
Scoppia la polemica. Moretti: la Regione non difende Venezia. Musolino: rientrerà
VENEZIA Era partita più di un mese fa dalla Corea, passando per la Cina e per il Medio Oriente. Avrebbe dovuto arrivare in questi giorni a Venezia ma la comunicazione dell’Evergreen Shipping Agency, la società che gestisce il collegamento, lascia pochi dubbi: «La Cma Cgm Cendrillon non scalerà il porto di Venezia, il carico sarà sbarcato a Trieste». Poche righe che hanno fatto scatenare le polemiche che disegnavano già la fine dello scalo veneziano. «La Regione non fa niente per il “suo” porto», ha attaccato la consigliera dem Alessandra Moretti; «il porto di Venezia senza nuovi scavi perde la sua competitività», si lamentavano gli operatori. La decisione è scattata a causa dei lavori al bacino di evoluzione che non permette alla nave (lunga 334 metri e con un pescaggio fino a 12,6) di arrivare in banchina. «E’ un problema temporaneo, abbiamo completato il dragaggio, serve la bonifica bellica che deve completare, già lunedì, la Marina Militare. Nessun dirottamento, la nave è stata solo momentaneamente spostata su Trieste per rientrare a scalare su Venezia alla prossima chiamata», dice il presidente del Porto Pino Musolino.
Ma il problema resta, forse non più oggi ma domani, perché nei prossimi anni l’arrivo delle mega-navi comporterà una scelta di campo del Porto e della città. Paolo Costa aveva pensato il mega-terminal off shore, Musolino, considerandolo eccessivo, ha virato verso un terminal più piccolo alla bocca di porto di Malamocco. «Stiamo lavorando su dati e analisi scientifiche non ci faremo trovare impreparati», precisa il presidente. Ma è chiaro che l’equilibrio dello scalo veneziano è sempre più precario stretto tra aspetto fisico-morfologico (il piano regolatore non prevede scavi di canali oltre i 12 metri) e quello economico. Vale per il traffico commerciale ma anche per le navi da crociera, considerando che a sei mesi dal Comitatone di novembre, anche a causa del governo dimissionario, nessuna vera soluzione operativa sembra all’orizzonte. «Se le navi cinesi, per ragioni “operative”, cominciano a sbarcare le loro merci a Trieste, significa che Venezia sta dicendo addio alla Via della seta» attacca la consigliera regionale del Partito democratico Alessandra Moretti che punta dritta sul governatore. «Venezia rischia un declassamento che è figlio del disinteresse di tanti, non ultima la Regione Veneto che, in questi anni, nulla ha fatto o detto per scongiurare decisioni che hanno portato al rafforzamento del porto triestino a discapito
Fondali Manca la bonifica bellica del bacino di evoluzione
del nostro». Le ripercussioni economiche potrebbero essere rilevanti considerando che le aziende dovrebbero pagare tra i 300 e 400 euro in più per il trasporto delle merci da Trieste a Venezia con conseguenze pesanti sulle esportazioni. La critica dell’esponente dem va oltre la vicenda della nave proveniente dalla Corea e pone l’accento su un futuro chiaroscuro. «Il 2017 è stato l’anno migliore per il porto di Venezia, su container, treni e cargo — interviene il presidente Musolino — Moretti anziché lanciare allarmi dovrebbe lavorare, assieme a tutti gli altri consiglieri regionali, affinché anche Venezia abbia le sovvenzioni regionali che ha Trieste e per fare ottenere anche a noi la zona franca».
E’ comunque la sfida di sempre dei porti dell’Alto Adriatico, con Trieste che aveva provato a «soffiare» le grandi navi in difficoltà a Venezia (senza successo), e che si è sempre opposta all’offshore (il capoluogo del Friuli Venezia Giulia infatti ha fondali profondi). Musolino smorza però i toni: «I traffici di Venezia e Trieste sono diversi».