Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Famiglia, il ministro è già un caso
Il vicepremier leghista lo corregge: «Non esistono? Idee sue». Anche il M5s prende le distanze
VERONA Si è scatenata la bufera sulle frasi avverse alle famiglie omosessuali («Sono contrario, esiste la famiglia con un papà e un mamma») pronunciate dal neo ministro alla Famiglia, il leghista veneto Lorenzo Fontana. Anche il leader leghista Matteo Salvini (di cui Fontana è vicesegretario) è intervenuto per correggere il tiro: «Dice che le famiglie omosessuali non esistono? Sono idee sue». Prendono le distanze anche gli alleati del M5s. Ma Fontana non arretra davanti alla tempesta: «Evidentemente se uno è cattolico dà fastidio».
VERONA A un certo punto della giornata - e che giornata, per Lorenzo Fontana - è diventata anche una questione di declinazione. «Comincia col cambiare il nome del ministero. Non “della famiglia”. Ma “delle famiglie”». E il video della veronese Alessia Rotta, vicepresidente dei deputati Pd - sua la perorazione del plurale - si chiudeva con quel «benvenuto» che diceva un po’ tutto e che solo più tardi Forza Nuova, per bocca del coordinatore nel nord Italia Luca Castellini, avrebbe aggiornato, tarandolo sull’opposta bilancia politicoculturale, in un più amichevole (quasi una pacca sulla spalla) «benvenuto in trincea».
Parliamo del «benvenuto» guadagnato dal leghista Fontana, 38 anni, ancora formalmente vicesindaco di Verona ma di fatto concentrato ora sul ministero alla Famiglia e Disabilità, tradizionalista cattolico che per la prima uscita pubblica, da volto di quel «governo del cambiamento» in cui può benissimo figurare come uomo «scomodo», ha consegnato ai giornali di ieri quel titolo lì: «La famiglia è solo quella composta da mamma e papà». Un consueto ordine del giorno, per lui, in una Verona ch’è terreno fertile per la vicina associazione «Pro Vita» (vi è legato, Fontana) e in cui giusto non molti giorni fa l’università faceva slittare un convegno sui migranti Lgbt per le pressioni esterne di Lega e Forza Nuova. Quella Verona che per il ricercatore dell’ateneo stesso, Massimo Prearo (autore del libro «La crociata anti-gender») è «laboratorio di un cattolicesimo militante» che prova ad avere il suo peso esterno sulle decisioni di palazzo. Il perfetto «la» su Roma, dunque, le dichiarazioni di Fontana, a una cascata di polemiche da lui poi definite «strumentali», una volta raccolto il malloppo di lanci d’agenzia: «Il mio obiettivo è invertire la rotta circa la crisi demografica e quindi per farlo bisogna aiutare natalità, maternità, famiglie. Pensavo fosse un problema sociale ed economico condiviso, però evidentemente a qualcuno dà fastidio se uno è cattolico, quasi sia un marchio di vergogna. Ma siamo in Italia, non in Arabia Saudita...».
Nell’Italia con cui e su cui Fontana si appresta a lavorare, di certo, c’è chi pare seguirlo a occhi chiusi. Come il neo onorevole leghista, Vito Comencini. Perché «il pericolo - dice il collega di partito - è distruggere una società, la nostra, dove già la tendenza è avere a tutti i costi un cane o un gatto in casa mentre il fare figli sembra quasi un fastidio». E poi c’è chi, appena lette quelle dichiarazioni rilasciate da Fontana nelle sue prime interviste da ministro, compresa quella al Corriere del Veneto, correva a dettare il proprio sdegno. Vedi il deputato padovano del Pd Alessandro Zan: «Da Fontana dichiarazioni discriminatorie». Vedi l’arcigay veronese: «Parole omofobe e intolleranti». Uno scontro talmente marcato, per origine politica dei battitori, da evocare un ping-pong. Si pensi all’immediata difesa di Fontana operata dal Popolo della Famiglia: «A lui tutto il sostegno per il coraggio mostrato».
Si profilava il rischio, insomma, che la prima uscita pubblica di Fontana diventasse un’uscita di strada. Anche perché la mosca al naso l’ha fatta saltare pure al Movimento 5 Stelle. Cioè il partner di un governo venuto al mondo tra fatiche e lime diplomatiche. E allora ecco l’ombrello aperto dal neo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, cioè il leader di partito e amico di Fontana, così come da Francesca Businarolo, deputata veronese del M5S, giusto per non far pigliare il raffreddore all’alleanza appena nata. Il primo, Salvini, a rimarcare ciò che peraltro Fontana aveva già precisato in quella prima uscita da ministro: «Fontana è libero di avere le sue idee» ma (quelle idee, ndr) «non sono priorità e non sono nel contratto di governo». La seconda, Businarolo, a cerchiare in rosso, con cura, che «alcuni temi etici non rientrano nel contratto tra M5S e Lega: se quella è l’opinione di Fontana la rispetto ma non è la nostra, dopodiché le unioni civili non si toccano».
Bisognerebbe riavvolgere un bel po’ di nastro, allora, per raccontare del paletto - chi sta di qua, chi sta di là - piantato dalle dichiarazioni di Fontana. Dichiarazioni che per l’Arcigay «sembrano di almeno mezzo secolo fa» e mirano a «promuovere l’invisibilità di una cosa reale, cioè le famiglie arcobaleno». Quelle famiglie citate da Rotta («esistono, Fontana se ne faccia una ragione»), non certo l’unica del Pd («gravissimo che un ministro neghi la realtà», così la senatrice Monica Cirinnà, timbro sulle unioni civili) a intervenire di forza. Forza direttamente proporzionale a quella espressa dal Popolo della Famiglia - «Fontana sia baluardo alle spinte nichiliste» - o da Forza Nuova, soddisfatta da un Fontana «noto per le battaglie a favore della Famiglia Tradizionale che trovano paternità e origine proprio in FN e nel suo movimentismo». Un batti e ribatti, dunque, proseguito col sostegno indiretto del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, impegnato a osservare una «società che inventa formule sempre più “leggere”, “disinvolte” e “deboli” in ordine al matrimonio e alla famiglia». Come a lasciar intendere che quel termine lì, «famiglia», sul tavolo da pingpong del «ministero Fontana» potrebbe rimanerci a lungo.
Il ministro Evidentemente dà fastidio se uno è cattolico, come fosse un marchio di vergogna, ma siamo in Italia non in Arabia Saudita
Arcigay Verona Da Fontana arrivano parole omofobe e intolleranti. Parole che sembrano prese da un giornale di almeno mezzo secolo fa