Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Vescovi: «A noi la fusione non serviva»
Confindustria Padova-Treviso, parla Vescovi: «Operazione in cui non credevamo»
VICENZA L’aggregazione in Confindustria tra Padova e Treviso? «Per Vicenza era inutile inseguire una fusione in cui non credevamo». Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza, assicura che non mancherà, domani pomeriggio al Palaexpo di Marghera, all’assemblea in cui Padova e Treviso daranno vita ad Assindustria Veneto Centro. E il suo punto di vista, ovviamente, non può che essere quello di chi ha deciso di chiamarsi fuori da quel percorso. Con l’uscita, un anno e mezzo fa, da Sistema aperto, l’esperimento con cui le tre Confindustrie avevano messo in comune i servizi. Era fresca l’elezione di Vincenzo Boccia alla guida di Confindustria, che aveva diviso verticalmente il Veneto (Vicenza, Verona e Venezia con lui, Treviso e Padova con Alberto Vacchi). Era l’epoca in cui partiva la presidenza in Confindustria Veneto di Matteo Zoppas. E Vicenza usciva, dicendo di puntare sui servizi in comune su scala regionale.
Corsi e ricorsi di un quadro d’insieme. Come il Palaexpo della fusione Padova-Treviso, stesso palcoscenico della prima assemblea, il 19 novembre 2016, di Sistema aperto, con il divorzio già nell’aria. Alla fine il bersaglio della fusione tra associazioni è stato raggiunto. Pazienza se restringendo il campo a solo due partecipanti. Pazienza anche se dell’idea dei servizi su scala regionale si è persa traccia.
Ovvio quindi che la prospettiva con cui Vicenza guarda alla fusione sia diversa. I protagonisti le attribuiscono un ruolo fondativo delle «super-territoriali» e del nuovo triangolo industriale con Milano e Bologna. Per Vicenza, autosufficiente, protagonista in tutte le grandi partite confindustriali, l’orizzonte è più ordinario, in una Confindustria di cui tutti sono parte: «Positivo fare cose che gli associati di Padova e Treviso ritengono utili - dice Vescovi - a differenza dei nostri che non hanno manifestato la necessità di allargare i servizi. Non ci sono contrapposizioni: se si sente il bisogno per i propri associati di aggregarsi lo si fa, altrimenti no».
Il presidente di Confindustria Venezia, Vincenzo Marinese, dichiara però già interesse per la fusione.
«Torno a quello che dicevo: l’associato a Vicenza vuole un rapporto stretto, diretto, veloce con la presidenza e la territoriale. Poi, logico, le territoriali devono superare una certa soglia di dimensione, altrimenti diventa difficile offrire servizi adeguati, essere sul pezzo su tutto. La valutazione spetta alla presidenza e agli associati di Venezia: se pensano che porterà valore lo faranno. Com’è successo per altre territoriali in Italia, dal Lazio alla Lombardia, all’Emilia».
Treviso e Padova legano la fusione alla costruzione del nuovo triangolo industriale con Milano e Bologna. Quasi
a dire: dopo Assolombarda e Confindustria Emilia arriva la terza super-territoriale. Due anni fa erano tutte con Vacchi. Divisione destinata a cristallizzarsi?
«Non so rispondere. E poco m’importa: mi sento alleato di Assolombarda e dell’Emilia di Vacchi, della Piovesana come di Zoppas. Siamo tutti nella stessa squadra. Non percepisco questa cosa, così come non ho vissuto all’epoca la contrapposizione tra un presidente e l’altro». Quindi per lei la fusione è un’esigenza interna.
«Esatto. Poi vale il confronto con i colleghi: per Marghera ho aderito subito. Abbiamo sul tavolo regionale questioni su cui lavoriamo con il presidente Zoppas. Condividiamo un percorso con le territoriali di Friuli e Trentino su Fondazione Nordest. E sul Cuoa come scuola di alta formazione di tutto il Nordest il ragionamento va avanti».
Quindi dopo Assindustria il Veneto di Confindustria non risulterà più diviso?
«No. Divisioni venete non ce ne sono più per quel che mi riguarda. Abbiamo avuto il giusto confronto due anni fa con le elezioni. Basta».
L’assemblea è al Palexpo dove si fece l’assemblea di Sistema Aperto. Col senno di poi: è valsa la pena chiudere quella esperienza?
«Treviso e Padova avevano voglia di unirsi, Vicenza non aveva questo bisogno. Credo che per loro sia stata un’accelerazione naturale, per noi sarebbe risultata innaturale: non avevamo bisogno di aggregarci. Tutto qua».
C’è il nodo delle società per la formazione in comune. Come lo risolverete?
«Ancora una volta: concentriamoci sul bene delle aziende. Anche lì non vedo problemi».
L’apertura di Venezia? Tocca a presidenza e associati decidere se crea valore Dimensione decisiva sui servizi Siamo nella stesso team: avanti su Cuoa e Fondazione Nordest. La formazione? Non vedo ostacoli