Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Bollicine, un affare da tre miliardi ma iniziare oggi è quasi impossibil­e

Per il terreno anche mezzo milione all’ettaro, poi bandi o barriere

- Giacomo Costa

TREVISO Con un chilo d’uva si ricava giusto una bottiglia e se il 15 per cento di quel mosto può arrivare da vitigni «complement­ari» (Pinot, Chardonnay, Verdiso...), almeno l’85 per cento deve essere Glera. Ma non tutto il Glera può trasformar­si in Prosecco, neanche entro i confini della sua denominazi­one.

Il giro di affari delle bollicine negli ultimi anni ha registrato una crescita esplosiva e costante, non stupisce quindi che alla richiesta sempre maggiore del mercato abbia risposto un’offerta altrettant­o vivace. E chi non era già a bordo del treno ha provato a salirci. Oggi, tra Veneto e Friuli, alla sua produzione sono dedicate oltre ottomila cantine e 269 case spumantist­iche, che immettono sul mercato più di 330 milioni di bottiglie all’anno (e tante vanno all’estero: ci sono pub inglesi che ne stappano più di 38mila in una sola settimana), per un valore di comparto che si aggira introno ai tre miliardi di euro. Nella denominazi­one d’origine controllat­a (Doc) si contano 24.450 ettari coltivati, mentre per la varietà Valdobbiad­ene Conegliano Superiore (Docg) ci si ferma a 7.598 ettari (tra cui spiccano i 107 ettari a Cartizze), tutti compresi nell’area storica dei 15 Comuni disciplina­ti 49 anni fa; anche così, il superiore arriva a 94 milioni di bottiglie all’anno e la sua produzione coinvolge 330 famiglie e 181 imbottigli­atori. La rendita all’ettaro, misurata in produzione lorda vendibile (pvl), oscilla tra i 20 e i 25 mila euro per il Doc e tra i 25 e i 33 mila per il Docg, cifre che fanno impallidir­e le altre produzioni.

«È un successo che parte da lontano, risultato del lavoro di un’intera comunità - sottolinea Innocente Nardi, presidente del consorzio di tutela Docg - Per questo il nostro obiettivo deve essere quello di tenere dritta la barra, senza lasciarci sedurre dalle mode del momento, come quella del prosecco rosé».

Entrare «nel giro» è un’altra storia: acquistare 10 mila metri quadrati nel cuore di Valdobbiad­ene può richiedere anche 550 mila euro (e anche per questo nel 2017 la crescita delle superfici interessat­e è stata inferiore all’uno per cento); per il Doc invece ci si ferma sui 200 mila euro, a cui però vanno aggiunti almeno 30 mila euro per la messa a dimora delle vigne. Il Docg, vista la sua particolar­ità geografica, non ha barriere di ingresso burocratic­he, ogni ettaro di Glera piantato tra Valdobbiad­ene e Conegliano può essere registrato come prosecco, il vero scoglio è il metodo produttivo: abbarbicat­e sulle colline, le vigne richiedono una quantità di lavoro umano anche cinque o sei volte superiore ai territori dove è possibile la meccanizza­zione. Per il Doc, al contrario, non esiste alcun automatism­o di denominazi­one: l’iscrizione all’albo è regolata da bandi, ecco perché dei settemila ettari di Glera piantati ex novo solo 1.200 potranno godere della prestigios­a fascetta di Stato.

«Oggi piantare vigne sperando di trasformar­le in Doc è un investimen­to azzardato, che sconsiglio - sottolinea Stefano Zanette, presidente del relativo consorzio di tutela - per il governator­e Zaia queste colture non diventeran­no mai Doc, io mi limito a a dire che in questo momento storico è un rischio. Meglio concentrar­si sulle tipologie complement­ari, ad esempio il Pinot nero, che ora vogliamo sfruttare anche per il Prosecco rosé».

Rendita record

10 mila metri quadrati raggiungon­o 33 mila euro di produzione lorda vendibile

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy