Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Rapinatore ucciso dal tabaccaio, niente risarcimen­to alla famiglia

La Cassazione salva il tabaccaio di Civè. «Chiudo il negozio e cambio vita»

- Ciociola

PADOVA Franco Birolo (foto), commercian­te di Civè di Correzzola, nel Padovano, non dovrà pagare nessun risarcimen­to alla famiglia di Igor Ursu, il ladro che fece irruzione nella sua tabaccheri­a la notte del 26 aprile 2012. Birolo reagì e uccise il rapinatore con un colpo di pistola.

PADOVA Una sentenza che mette la parola fine a una vicenda lunga sei anni e che permetterà a Franco Birolo, tabaccaio di Civè di Correzzola, nel Padovano, di affrontare la nuova vita - se non con serenità - almeno con più tranquilli­tà.

Perché, da quella notte del 26 aprile 2012 quando un ladro, Igor Ursu, fece irruzione nella sua tabaccheri­a e lui reagì con un colpo di pistola che uccise il rapinatore, l’esistenza tranquilla del negoziante di provincia è stata stravolta. Dopo una condanna in primo grado a due anni e otto mesi per omicidio e un’assoluzion­e in Appello, ora i giudici della Cassazione hanno anche respinto il ricorso presentato dalla sorella di Ursu che chiedeva un risarcimen­to da 325mila euro. Una sentenza che permetterà a Birolo di tirare un respiro di sollievo e che arriva proprio nei giorni in cui è stata presentata la richiesta di Appello per un altro caso-simbolo della legittima difesa: quello che vede protagonis­ta Walter Onichini, macellaio di Legnaro condannato a 4 anni e undici mesi per tentato omicidio, per aver sparato al ladro entrato nel cuore della notte in casa e averlo poi abbandonat­o ferito tra i campi del Padovano.

Birolo, le sembrerà la fine di un incubo… «No, si è conclusa la vicenda penale. Ora restano sempre in piedi i dieci anni di tempo in cui io o la parte civile, la famiglia di Ursu, potremo iniziare una causa civile. Ma la speranza è che la sentenza della Cassazione pesi e faccia da precedente anche per l’aspetto civile. L’incubo, però, non finirà mai. Resta comunque il forte trauma».

Come vive da quel 26 aprile?

«L’idea di una morte resterà sempre nei miei pensieri. Per quanto sia convinto di aver fatto una cosa giusta, una persona perbene non dovrebbe mai arrivare a questo punto. Ecco perché è importante cambiare la legge. E mi consola pensare che il neoministr­o Bonafede abbia detto che un soggetto non può affrontare tre gradi di giudizio per poi essere assolto. Il procedimen­to non dovrebbe neanche partire. E ricordiamo che lo stesso pm Benedetto Roberti chiese in primo grado l’assoluzion­e per eccesso colposo di legittima difesa».

Lei in questi anni si è impegnato molto a fianco di chi ha vissuto esperienze simili alle sue. Ha parlato più volte anche con Onichini.

«Si, ci sentiamo ogni tanto in privato. A lui posso dire che deve pazientare, la trafila penale è lunga. Deve avere fiducia nel suo avvocato e nei giudici. Sperando sempre che casi come il mio possano servire a sensibiliz­zare l’opinione pubblica e a fare in modo che non ci si accanisca sui commercian­ti. Anche perché, chi mi ripagherà dei danni subiti in questi sei anni di agonia?».

Cosa ha perso in questi anni?

«Tutto: la mia attività ha subito gravi danni, al di là delle porte sfondate c’è anche il mancato

Franco Birolo

La sorella della vittima può fare una causa civile. Ora penserò alla famiglia e coltiverò i campi

guadagno. E poi le spese sostenute, che sono state molte. Vediamo ora se la famiglia di Ursu pagherà le spese processual­i. Senza contare l’impatto sulla mia famiglia: mia figlia è andata via di casa, non ce la faceva più a vivere qui, circondata da giornalist­i. E i miei genitori, che sono anziani, hanno avuto molta difficoltà nel capire e affrontare tutti i passi del procedimen­to. Hanno sofferto e stanno ancora soffrendo».

Tra l’altro lei aveva annunciato di voler cambiare vita, cedendo la tabaccheri­a.

«Si, ormai è questione di giorni, ho venduto le licenze. Rimango a vivere qui a Civè ma mi dedicherò alla famiglia e coltiverò i campi. Una cosa vorrei dire: in questi anni ho avuto la vicinanza di tante persone, i miei amici, i miei compaesani. Volevo ringraziar­li. Ma la sera, quando ci chiudiamo in casa e ci guardiamo negli occhi, io e mia moglie dobbiamo convivere con quanto successo. E non è facile».

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La vicenda Franco Birolo nel 2012 sparò ad un ladro entrato nella sua tabaccheri­a. Nel 2016 era stato condannato in primo grado a due anni e otto mesi per poi essere assolto nel 2017. Ieri la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla sorella della vittima per 325mila euro di risarcimen­to

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