Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il governo fa chiarezza: sì al referendum Il sottosegretario Buffagni «smentisce» il ricorso dell'Avvocatura dello Stato: interverremo subito
VENEZIA Per tutto il giorno le truppe venete leghiste e pentastellate hanno «lavorato» a Roma per capire che cosa era successo, anche sotto la spinta dei comitati referendari. O, meglio, per fare chiarezza sul fatto che quella costituzione al Tar al fianco del Comune di Venezia e contro la Regione Veneto e il referendum per la separazione da Mestre fosse solo un «incidente burocratico» legato alle indicazioni del precedente governo e non una contraddizione bella e buona dell’esecutivo «gialloverde»: il leader leghista Matteo Salvini, non più tardi di tre settimane fa, aveva infatti promesso che sarebbe stato ritirato anche il primo ricorso, quello alla Corte Costituzionale. Poi, a sera, sono arrivate le parole del sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni (M5S), che non lasciano spazio a dubbi: «I cittadini di Venezia hanno tutto il diritto di scegliere il proprio futuro, non possono essere i palazzi romani e la burocrazia a farla da padrone - ha scritto su Facebook - Ne ho parlato anche con il ministro Stefani, che conosce bene il problema, affinché si intervenga subito all’unisono».
Come questo si tradurrà è tutto da vedere, ma le parole dell’esponente del governo confermano ciò che era apparso probabile fin da subito: ovvero che in mancanza di un atto che traducesse le parole di Salvini – ma anche gli intenti dei 5 Stelle, da sempre favorevoli alla consultazione dei cittadini – l’Avvocatura dello Stato era andata avanti sulla base degli input precedenti e dunque, a pochi giorni dalla scadenza del termine, aveva depositato la costituzione. Un atto, peraltro, che di fatto era un copia-incolla del ricorso con il quale il governo Gentiloni aveva sollevato il conflitto di attribuzione di fronte alla Consulta: Palazzo Balbi ha infatti usato la procedura prevista dalla legge regionale del 1992 che prevede l’impulso da parte del consiglio regionale e il voto dei cittadini del Comune, mentre la legge Delrio del 2014 sulle Città metropolitane (una delle quali è proprio Venezia) dispone che la separazione del capoluogo nasce con un voto in consiglio comunale e deve portare alle urne tutti i residenti dell’ex Provincia.
Tesi che già ieri pomeriggio anche l’Avvocatura regionale aveva sposato, ricordando che «l’atto di intervento è stato depositato autonomamente dall’Avvocatura dello Stato senza l’indicazione di chi abbia attribuito l’incarico». E gli stessi uffici regionali avevano verificato che della vicenda non si
Vanin No all’ennesimo sfregio alla democrazia. Vicenda incredibile
I comitati Speriamo che sia stato solo un errore burocratico di percorso
era mai parlato in consiglio dei ministri. Anche altri pentastellati poi si erano schierati per il referendum, a partire dalla senatrice veneziana Orietta Vanin: «Non possiamo accettare l’ennesimo sfregio alla democrazia- ha detto Vanin - Agiremo quanto prima ed in ogni luogo, per difendere questo diritto, e abbiamo immediatamente segnalato ai ministri e sottosegretari l’incredibile vicenda». «I cittadini di Venezia hanno tutto il diritto di scegliere il proprio futuro», affermano i 5 Stelle veneti. Proprio ai deputati leghisti e pentastellati si erano rivolti i referendari Gian Angelo Bellati, Stefano Chiaromanni, Giovanni Armellin e Marco Sitran: «Domandiamo quale sia la posizione del governo, con l’auspicio che tutto sia dovuto a un errore burocratico di percorso. (a. zo.)