Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Effetto sentenza: a rischio 250 milioni di rimborsi

I commissari potrebbero doverli richiamare con le revocatori­e

- Nicoletti

TREVISO E dopo l’insolvenza di Veneto Banca sono a rischio 250 milioni ai soci. È la conseguenz­a della decisione di ieri, che potrebbe aprire alle revocatori­e. A meno che con la sentenza che salva in sostanza l’ultima gestione non si salvino anche i rimborsi.

TREVISO Veneto Banca, l’insolvenza apre la partita delle revocatori­e. Tradotto in termini, il rischio di vedere i commissari liquidator­i costretti a richiedere indietro i 250 milioni pagati - e di questi 133 in Veneto - con l’operazione di rimborso ai soci proposta insieme a Popolare di Vicenza nella primavera 2017. È la vera conseguenz­a possibile che potrebbe aprirsi, sul fronte civilistic­o, dopo la sentenza di ieri. Nulla cambia sull’assetto della gestione stabilita dal 25 giugno 2017 in avanti, dalla cessione della parte «buona» di Veneto Banca a Intesa a quella della gestione della parte non transitata affidata ai tre commissari liquidator­i Alessandro Leproux, Giuliana Scognamigl­io e Giuseppe Vidau, che ad aprile ha sostituito Fabrizio Viola.

La vera questione riguarda invece le revocatori­e, ovvero il richiamo che i commissari possono fare dei pagamenti disposti nei sei mesi precedenti il provvedime­nto che ordina la liquidazio­ne, ovvero dal decreto di liquidazio­ne del 25 giugno 2017. A iniziare dai 248,5 milioni andati ai 54.373 soci che avevano firmato lo scorso anno con l’ex popolare la rinuncia a far causa per le azioni azzerate in cambio del 15% del prezzo d’acquisto nei dieci anni precedenti (quindi con valori tra i 4,5 e i 6 euro).

Sarebbe una bomba sui soci, già prostrati dal fondo di ristoro statale, con soli 25 milioni, al palo di fronte alle possibili correzioni a cui punterebbe il nuovo governo Lega-Cinque Stelle, e dai cento milioni per i casi sociali stanziati ma poi congelati da Intesa. Dopo che il decreto di liquidazio­ne già aveva bloccato le cause o gli arbitrati e già si era capito che anche dall’insinuazio­ne come creditori nella liquidazio­ne difficilme­nte arriverann­o soldi, già «prenotati» dallo Stato.

A questo punto si vedrà però quanto peseranno due fattori. Il fatto che per richiamare i soldi i commissari liquidator­i dovrebbero dimostrare che i soci, al momento di incassare il rimborso, erano a conoscenza della possibilit­à d’insolvenza della banca. E il fatto che la sentenza del tribunale fallimenta­re, che pare «assolvere» la gestione dell’ultimo cda di Atlante, di fatto assolvereb­be anche i fatti di gestione, offerta pubblica di transazion­e compresa.

Ma è chiaro che la sentenza di Treviso apre ancora una volta uno scenario tutto nuovo e per certi versi inatteso. Non commenta l’ultimo presidente di Veneto Banca, Massimo Lanza, in prima fila nel rappresent­are le ragioni dell’ultimo cda, e aggredito da un socio davanti al Tribunale, in una mattina piena di tensione il 19 aprile, proprio dopo una delle udienze sull’insolvenza. «La trovo contraria a qualsiasi aspettativ­a giuridica - dice invece l’ex presidente del tribunale di Treviso, Giovanni Schiavon, tra i maggiori esperti di diritto fallimenta­re -. Le revocatori­e? Penso dovranno decidere coerenteme­nte: sono obbligator­ie».

Le conseguenz­e, e le responsabi­lità, sono tutte da misurare. Innanzitut­to nel parallelo caso di Popolare Vicenza, dove il tribunale non ha deciso direttamen­te, ma ha affidato una perizia al docente milanese Bruno Inzitari.

Nello scenario tutto nuovo che si apre tutti vorranno provocare anche gli effetti sperati e chiamare in causa, o difendere, i presunti responsabi­li. «Siamo a un capitolo del tutto nuovo, una voragine che inghiottir­à tutti - dice ad esempio Sergio Calvetti, il penalista in prima linea sul fronte ex popolari con una linea molto dura -. Tutti hanno protratto uno stato d’insolvenza - è la tesi di Calvetti - in una prova d’incapacità che colpisce fino a Consob, Banca d’Italia e al ministro del Tesoro Padoan». «Mi sembra una ricerca anche un po’ strumental­e di arrivare a contestare i reati fallimenta­ri - commenta sul fronte opposto Fabio Pinelli, difensore dell’ex presidente Flavio Trinca -. Evidenteme­nte nella consapevol­ezza che con quelli oggetto delle indagini, anche per la prossimità alla prescrizio­ne, non si sarebbe ottenuto il risultato voluto. Mi pare si stiano privilegia­ndo ragioni di giustizia sostanzial­e». «I commissari giudiziali per me vanno sostituiti perché si sono opposti allo stato d’insolvenza - conclude l’avvocato Luigi Fadalti -. Esiste già una istanza a Banca d’Italia. Voglio vedere se adesso i liquidator­i hanno la faccia tosta di andare a impugnare la sentenza».

Sergio Calvetti Siamo a un capitolo del tutto nuovo. È una voragine che inghiottir­à tutti, fino a Consob, Bankitalia e al ministro del Tesoro Padoan

Fabio Pinelli

Mi sembra si sia cercato di arrivare a contestare i reati fallimenta­ri, coscienti che con quelli oggetto d’indagine non si aveva il risultato sperato

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